Il ministero ha pubblicato la circolare esplicativa sul recepimento della direttiva. Sembra confermarsi che per le A8 son dolori…
Con ammirevole tempismo, il ministero dell’Interno ha pubblicato sul sito della Polizia di Stato la circolare esplicativa 557/PAS/U/012678/10900(27)9 del 12 settembre, con la quale fornisce una interpretazione ufficiale dei contenuti del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2017/853, pubblicata in Gazzetta ufficiale l’8 settembre e che entrerà in vigore domani.
Già dalla prima lettura risultano due evidenti punti critici di apparente forzatura rispetto al dettato della direttiva e al contenuto del decreto legislativo.
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Giusto il giorno prima dell’emanazione della direttiva (quindi quando era ormai abbondantemente già pronta) avevamo lanciato l’allarme sulla questione delle armi A8… e sembra che i fatti ci diano ragione. È quantomeno singolare, infatti, che la circolare in questione definisca le A8 come “armi da fuoco semiautomatiche, originariamente destinate a essere imbracciate, che possono essere ridotte a una lunghezza inferiore a 60 cm, senza perdere funzionalità, tramite un calcio pieghevole o telescopico ovvero un calcio che può essere rimosso senza l’ausilio di attrezzi”. È singolare, e inquietante, che l’unica parola che la circolare si è “dimenticata” rispetto alla definizione data alle A8 dalla direttiva europea sia “lunghe”.
Un’altra distorsione, a nostro avviso, rispetto ai contenuti del decreto legislativo sono quelli relativi ai medici militari autorizzati a certificare l’idoneità psicofisica. Come è noto, il decreto specifica che i medici militari (o della polizia di Stato o dei vigili del fuoco) che rilasciano i certificati per il rilascio o rinnovo di un porto d’armi debbano essere in servizio attivo, mentre tale presupposto non è richiesto per i medici destinati a rilasciare i certificati quinquennali per i meri detentori di armi. Ebbene, sul punto il ministero propende per una interpretazione rigoristica a nostro avviso irregolare, dichiarando che “la disposizione…(omissis)…è sempre stata interpretata nel senso che la potestà di certificazione ivi richiesta è riservata al medico militare, della polizia di Stato o del corpo nazionale dei vigili del fuoco in servizio e non in quiescenza”. La circolare prosegue citando una sentenza del Tar pugliese, dal quale risulta che “la possibilità di rilascio di certificati attestanti il possesso di requisiti psicofisici necessari ai fini del conseguimento di autorizzazioni amministrative da parte di medici in quiescenza deve risultare da una espressa disposizione normativa, così come ad esempio il legislatore ha fatto con l’art. 119, comma 2, del codice della strada”.
A fronte di quanto affermato, non si comprende come mai per i certificati dei meri detentori non si specifichi alcunché sulle caratteristiche dei medici certificatori, mentre due righe dopo si specifica che per il rilascio dei certificati per il porto d’armi i medici debbano essere in servizio attivo. Anche in questo caso, appare evidente come l’interpretazione ministeriale risulti una forzatura rispetto al dettato normativo, con risultati di chiara evidenza politico-ideologica più che strettamente “tecnica”.
Una delle poche notizie positive insite nella circolare è che per quanto riguarda l’articolo 7 del decreto legislativo, si stabilisce che la potestà di questori o prefetti di apporre limitazioni sul porto d’armi potrà diventare effettiva solo dopo l’emanazione di un regolamento ministeriale. Quindi, per il momento, tutto prosegue come prima.
La circolare esplicita anche da dove sia arrivato il limite dei 62 colpi concessi per la prova delle armi in collezione: "tali modalità coincidono con gli standard ordinari con i quali la polizia di Stato effettua le prove tecniche di funzionamento sulle armi in propria dotazione". Evidentemente ai burocrati ministeriali è sfuggito il fatto che ai privati non sono consentite le medesime facoltà proprie dei corpi armati dello Stato, quali per esempio acquisire da armerie o Tsn munizioni sfuse e non confezionate a norma Cip.
Altra affermazione che eccede platealmente la lettera del decreto legislativo è quella relativa alla definizione di tiratore sportivo: nella circolare si conferma che per la detenzione di armi A6 e A7 acquistate dopo il 13 giugno 2017 sarà necessaria l'iscrizione a federazioni del Coni, federazioni di altri Paesi Ue, iscritti al Tsn e iscritti alle associazioni sportive dilettantistiche affiliate al Coni. La circolare aggiunge però, in modo perlomento inquietante, che "resta ferma, per le tipologie di armi in parola, la competenza del Coni ad individuare, in coerenza con i parametri indicati dalla Direttiva 853 i requisiti e le modalità che consentono di attestare la qualità di "tiratore sportivo". Questa affermazione sembra avere decisamente lo scopo di aggirare il fatto che il decreto di recepimento non prescrive, diversamente dalla direttiva, la necessità di dimostrare di essere iscritti da almeno 12 mesi a un Tsn o a una federazione e di "esercitarsi attivamente". Se fosse vero questo, sarebbe una questione di gravità inaudita.