La copertina del fascicolo uscito lo scorso 2 gennaio del settimanale Panorama così come l’editoriale di Maurizio Belpietro anticipano un’inchiesta di 8 pagine dedicata agli operatori delle nostre forze dell’ordine “Lasciati soli in prima linea”. È, questo, anche il titolo dell’inchiesta di Gianluigi Nuzzi, che ha raccolto i dati della “battaglia quotidiana, sempre più violenta e pericolosa” nella quale quegli stessi operatori “vengono pestati, feriti, a volte uccisi”. Secondo il settimanale, poi, ogni due ore e mezzo un poliziotto o un carabiniere vengono feriti “per servizio”, a partire da quelli di ordine pubblico, “manifestazioni e partite di calcio, le voci che registrano il maggior numero di episodi violenti”.
Il fatto di cronaca da cui prende le mosse l’inchiesta è proprio quello che ha visto protagonista il carabiniere Antonio D’Anna che, negli scontri del dopo partita Lazio-Eintracht del 13 dicembre scorso, ha estratto la pistola per difendere un tifoso tedesco ed è stato ferito alla testa dalle bottiglie lanciate dagli ultrà laziali. I dati riferiti nell’inchiesta sono in effetti interessanti e li riporto in tabella. Tuttavia non sembrano confermare l’assunto: a parte il dato dei 7 carabinieri deceduti nel 2018, che rappresenta effettivamente un numero in preoccupante crescita, tutti gli altri indicatori non sono in aumento, in particolare il numero degli agenti e dei carabinieri infortunati o feriti in servizio. Tutt’altro. «I feriti in servizio ci sono e ci saranno sempre», spiega ad Armi e Tiro Gianluca Guerrisi, dirigente nazionale coordinatore per Italia Centrale del sindacato di polizia Consap. «La cosa vera è che spesso, purtroppo, l’aggressore agisce conoscendo bene i limiti di intervento delle forze ordine».
L’articolo di Panorama riporta anche un passaggio di un’audizione del comandante generale dell’arma dei carabinieri, Giovanni Nistri, davanti alle commissioni parlamentari: “L’impegno dei carabinieri è intensissimo. Si stringe a un elevato , sempre più immanente e imprevedibile, in ragione di condotte criminali caratterizzate da violenza, frequentemente gratuita e sproporzionata”. I costi sociali di questa “guerra” sono impressionanti, per i traumi che “i carabinieri riportano e con cui dovranno convivere per il resto della vita” spesso anche in termini economici. Senza contare i costi della giustizia per perseguire gli aggressori, il più delle volte vanamente, perché non c’è certezza della pena.
Anno | Agenti ps infortunati | Agenti ps deceduti | Carabinieri feriti | Carabinieri deceduti |
2011 | 1.988 | 2 | – | – |
2012 | 1.645 | 5 | – | – |
2013 | 1.424 | 1 | 2.305 | 1 |
2014 | 1.469 | 4 | 2.044 | 1 |
2015 | 1.431 | 1 | 2.285 | 0 |
2016 | 1.244 | 5 | 2.179 | 4 |
2017 | 1.114 | 4 | 1.898 | 0 |
2018 | – | – | 1.517* | 7* |
*Dati aggiornati al 17 dicembre 2018 Fonte: Panorama
L’inchiesta afferma, in effetti, che c’è stato un cambiamento nelle modalità con le quali gli esponenti delle forze dell’ordine vengono bersagliati. Se in passato era questione prevalentemente ideologica, oggi “l’uomo in divisa diventa bersaglio in sé, avanguardia di uno Stato odiato, rappresentante di un rodine sociale antitetico all’individualismo scolpito dall’intolleranza che fa reagire contro tutto e tutti”. Lo conferma anche lo psichiatra Paolo Crepet che parla di “rabbia senza più illusioni. È muta e impotente, capace di detonare con atti di violenza fini a se stessi”. Secondo Nuzzi mezza Europa è accomunata dallo stesso problema. I recenti fatti dei gilet gialli in Francia, sembrano confermarlo.
Capitolo a parte, trattato dall’inchiesta, è quello dei suicidi tra le forze dell’ordine. Secondo i dati raccolti tra ministero dell’Interno e associazione Cerchio blu, sarebbero stati ben 255 tra il 2010 e il 2016: “È una strage silenziosa, continua, taciuta, quella di chi si toglie al vita tra chi appartiene alle forze dell’ordine. E quasi tutti, addirittura nell’80 per cento dei casi, scelgono di farla finita premendo il grilletto della propria arma d’ordinanza. A dimostrazione che l’accesso a strumenti letali è tra i fattori incidenti considerati dagli psichiatri nella valutazione clinica del rischio di suicidio, oltre ovviamente a particolari situazioni lavorative di stress”. Affermazione lapidaria, scontata, che andrebbe dunque contestualizzata. Ma è un problema significativo. «Noi come sindacato di polizia abbiamo sempre sostenuto l’importanza dei consultori interni con personale qualificato che segua certe complessità», spiega ancora Guerrisi del Consap. «In genere il primo punto di consulto, è il collega del turno o il capo del reparto, ma non è mai facile capire cosa esiste dietro. Ci sono due aspetti importanti da tenere in evidenza: la serenità famigliare e le condizioni di vita professionale. Una vita famigliare inquieta per separazioni, divorzi, salute e denaro, incide molto sul fenomeno e molto importante è anche la condizione di lavoro: in molti uffici la penuria di agenti porta ad andare in over working e i sintomi arrivano quando è tardi. Abbiamo casi anche di uffici poco sensibili alla difficoltà del personale, anche se la legge 81/08 ha introdotto lo stress da lavoro correlato che impone al datore di lavoro di monitorare certi aspetti. La situazione è molto migliorata molto e la nostra amministrazione con la Direzione centrale di sanità ha attivato protocolli specifici. Certamente occorrono più consultori e il Consap già da qualche anno ha creato un centro ascolto in forma molto riservata che si avvale di colleghi psicologi che forniscono i primi consigli al collega "in difficoltà". Però ancora esiste ritrosia a raccontare certi disagi e proprio questa forma di chiusura, il mantenere tutto “dentro”, poi può sfociare nel gesto estremo».