Sonoramente bocciata la proposta di una deputata socialista per "scippare" le armi d'ordinanza dalle case dei cittadini svizzeri, per custodirle in "luoghi sicuri"
Con una netta maggioranza (120 contrari, 59 favorevoli, 3 astenuti) il Consiglio nazionale svizzero ha sonoramente bocciato la mozione presentata da Chantal Galladé (PS/ZH) che chiedeva che le armi individuali, detenute fino a oggi dai cittadini svizzeri soggetti a chiamata militare nel proprio domicilio, fossero custodite “in locali protetti”.
Lo scopo della proposta era quello di limitare i suicidi, argomentando che i casi potrebbero diminuire se l’accesso alle armi non fosse così facile. La deputata socialista aveva anche argomentato come le armi non fossero solo potenziali fonti di morte, ma anche “strumenti di minaccia”, malgrado a sostegno di questa tesi non potesse portare alcuna statistica.
La risposta del consigliere federale Guy Parmelin è stata, però, che la custodia a domicilio dell'arma personale è "uno dei pilastri che assicurano la prontezza dell'esercito. Una consegna dell'arma solo al momento dell'entrata in servizio della truppa complicherebbe il processo di mobilitazione e pregiudicherebbe la sicurezza dei militi”, ha aggiunto.
Il ministro della difesa ha anche ricordato che attualmente, a fronte dei 2 milioni di armi detenute nelle case svizzere, solo 200 mila di esse sono armi d'ordinanza. Un numero destinato a scendere a 140.000 con la riforma dell'esercito, ha ricordato il ministro della difesa.
Inoltre, i militari non ricevono comunque più la dotazione individuale di munizioni e l’arma può comunque essere facoltativamente depositata (gratuitamente) nelle basi logistiche dell’esercito. Inoltre, prima di consegnare l'arma ai soldati le forze armate procedono all'esame del potenziale di violenza dei giovani sottoposti all'obbligo di leva, ha ricordato Parmelin.