Si giunge a questa conclusione osservando le alette di chiusura, più grandi e di profilo differente rispetto a quelle della nostra ordinanza, e la parte inferiore dell’otturatore, dotata di due alette che si impegnano in una guida a coda di rondine nell’azione M95, allo scopo di tenere vincolato all’arma l’otturatore anche quando quest’ultimo è in posizione di apertura.
Anche la scanalatura per il passaggio dell’espulsore è differente, visto che nel ’91 è spostata sul lato sinistro mentre nel Mannlicher è perfettamente centrale.
Anche l’azione, tuttavia, è stata modificata: in particolare, il ponte posteriore di culatta è stato fresato allo scopo di consentire il passaggio del manubrio dell’otturatore. Ricordiamo che nel Mannlicher l’otturatore è solo scorrevole (straight pull) e il manubrio si arresta contro l’estremità posteriore del ponte di culatta. L’otturatore ’91, invece, è di tipo girevole-scorrevole e il manubrio oltrepassa il ponte posteriore di culatta, andando a chiudere poco oltre. Questo fa sì che, in caso di cedimento delle alette di chiusura, il manubrio possa fungere da aletta di sicurezza, evitando che il cilindro finisca direttamente contro il viso del tiratore. Altra modifica apportata all’azione è una fresatura in corrispondenza del lato sinistro dell’apertura di alimentazione, per accogliere le alette a coda di rondine dell’otturatore. Giusto, perché nel sistema Mannlicher M95 il corpo dell’otturatore non ruota e, quindi, le guide a coda di rondine che lo trattengono all’azione hanno un solo grado di libertà.
L’otturatore tipo ’91, invece, ha il corpo rotante, quindi bisogna prevedere una sede nella quale le guide a coda di rondine possano inserirsi durante il movimento di rotazione. La modifica è stata resa possibile dalle dimensioni relativamente simili tra l’otturatore del ’91 e quelle del Mannlicher: la lunghezza del cilindro italiano è di 139,4 mm, contro i 139,9 mm di quello austriaco (in posizione di chiusura, mentre con la testa in posizione di apertura la lunghezza è di 156,9 mm). Il corpo del cilindro ‘91 ha un diametro di 17,4 mm, contro i 17,0 dell’otturatore Mannlicher (escluse le due costolature laterali). L’esemplare era noto al mondo dei collezionisti e appassionati: già il libro Il 91 di Gianfranco Simone, Ruggero Belogi e Alessio Grimaldi edito da Ravizza nel 1970 ne faceva menzione, pur senza riuscire a risolvere l’enigma di quando fosse stata eseguita la trasformazione.
In effetti, il fatto che il fucile fosse custodito insieme a numerosi esemplari sperimentali di ’91 proposti al tempo dell’adozione della nostra storica ordinanza ha contribuito a confondere le acque.
Per sbrogliare la matassa, ci è giunto il dispaccio n°4187 del 24 luglio 1917, dal titolo Esperienze e studi in corso sui materiali di artiglieria, armi portatili e bombe pubblicato sul sito www.artiglieria.net.
All’interno del dispaccio sono presenti informazioni dettagliate sugli studi e gli esperimenti in corso per quanto riguarda artiglierie, spolette, esplosivi e armi portatili. In relazione a queste ultime, si dichiara che “Circa l’applicazione dell’otturatore M. 91 ai fucili Mannlicher vennero iniziati, presso la scuola di applicazione di fanteria di Parma, esperimenti con alcuni esemplari” . Quindi, siamo in grado di datare la trasformazione con sufficiente precisione, escludendo sia l’ipotesi che il fucile fosse stato studiato come possibile concorrente del ’91 (ma i punzoni di accettazione militare sulla culatta, risalenti al 1910, già escludevano tale tesi), sia l’ipotesi opposta, cioè che potesse trattarsi di una trasformazione eseguita nel periodo tra le due guerre. Il grosso interrogativo da porsi, quindi, non è più “quando”, ma “perché”. In parole povere, perché darsi la pena di produrre appositamente un nuovo otturatore per un fucile in dotazione al nemico?
Proviamo a fare qualche congettura. Innanzi tutto, durante la guerra il continuo assestamento del fronte, con assalti e conseguenti ritirate, ha fatto sì che cadessero in mano italiana numerose armi, materiali ed equipaggiamenti austro-ungarici, così come molti fucili italiani caddero in mano asburgica (e furono, in parte, trasformati per la cartuccia greca 6,5×54 mm, di cui l’impero dell’aquila bicipite aveva cospicua disponibilità).
Logico, quindi, tentare di riutilizzarli contro il precedente proprietario. Allora, in quest’ottica, la trasformazione poteva avere un senso per semplificare l’addestramento delle reclute, visto che il sistema di alimentazione a pacchetto tipo Mannlicher era già comune al modello 1895 austriaco e al nostro ’91, mentre l’otturatore del fucile asburgico era profondamente differente. In particolare, il funzionamento della sicura è completamente diverso e lo smontaggio è molto più complesso.
La sostituzione con un otturatore tipo ’91, seppur non intercambiabile, avrebbe consentito di avere alcune parti in comune, semplificando anche la logistica. Per contro, la trasformazione avrebbe richiesto l’impegno di macchine utensili già oberate per far fronte alla produzione del materiale nazionale e, soprattutto, l’utilizzo per gli otturatori di acciai pregiati di cui si aveva disperatamente bisogno. A tal punto che, come si legge nello stesso dispaccio del 1917, si stava valutando l’idea di produrre le canne per i ’91 in ferro, con solo l’anima in acciaio: “Tubature di canne per fucili M. 91. Lo studio è stato fatto dall’Officina di costruzione di artiglieria di Roma per ovviare alla enorme deficienza di sbarre di acciaio grezze per canne di fucile. Detta officina ha studiato e sperimentato con esito favorevole la costruzione di canne per fucile mod. 91 mediante sbarre di ferro omogeneo e tubatura di acciaio. Dopo tali esperimenti, fu proposto che fosse considerato normale l’allestimento di canne di ferro omogeneo con tubatura di acciaio, allorché riusciva impossibile di rifornirsi di barre di acciaio” .
La carenza di acciai speciali era tale che anche per gli utensili da lavoro si stava valutando l’idea di produrre solo il tagliente in “metallo buono” e il resto in ferro. Ecco quanto si legge sull’ormai famoso dispaccio: “ Saldatura elettrica Marcellino. Permette di saldare il ferro o acciaio comune con acciaio rapido e quindi di congiungere la parte tagliente degli utensili con pezzi di ferro o acciaio comune risparmiando così gli acciai speciali. Esaminata con parere favorevole del Laboratorio di precisione su apparecchi in funzione presso la Soc. Ansaldo” .
Insomma, anche considerando l’ipotesi di fondere gli otturatori originali per ottenere quelli di rincalzo, si trattava comunque di un lusso eccessivo per le nostre risorse e i Mannlicher catturati sono stati, forse, riutilizzati così come erano, confinando questo esemplare nell’ambito della leggenda metropolitana.
L’arma fotografata appartiene al museo di artiglieria di Torino, che si ringrazia per la gentile collaborazione
Produttore: arsenale militare di BudapestModello: Mannlicher 1895
Tipo: fucile a ripetizione ordinaria
Calibro: 8x50R
Funzionamento: otturatore girevole-scorrevole tipo Carcano (originariamente otturatore scorrevole sistema Mannlicher)
Alimentazione: serbatoio fisso tipo Mannlicher con piastrina caricatore a caduta
Numero colpi: 5
Lunghezza canna: 765 mm
Lunghezza totale: 1.270 mm
Mire: mirino a lama innestato a coda di rondine, alzo a ritto con cursore
Scatto: diretto
Percussione: percussore lanciato
Peso: 3.800 grammi