Giusy De Lucia – e-mail
Il comodato delle armi da fuoco è regolato dall’articolo 22 della legge 18 aprile 1975, n. 110, che dispone un generale divieto per le armi comuni da sparo, prevedendo però per il semplice cittadino una deroga per le armi per uso scenico o per le “armi destinate ad uso sportivo o di caccia”.
Detto questo, la norma nulla prescrive sulla forma mediante la quale realizzare il suddetto comodato di armi, dal che si deve ritenere di dover ricavare un modus operandi dalle altre leggi che regolano la materia.
Di sicuro possiamo dire, in base all’articolo 38 del Tulps, che se il comodato supera la durata delle 72 ore, il comodatario deve denunciare l’arma all’autorità di ps, perché l’articolo 38 Tulps, così come modificato dal decreto legislativo 204, prescrive l’obbligo di denuncia entro le 72 ore dall’acquisizione della “materiale disponibilità” dell’arma.
Si deduce da ciò, quindi, che l’obbligo di denuncia scaturisce dal possesso fisico dell’arma, a prescindere da quale sia il negozio giuridico che l’ha portata nella disponibilità del cittadino: acquisto, donazione, comodato eccetera. E in tal caso, abbastanza logicamente, dovrà avere forma scritta.
Se, però, il comodato si esaurisce entro le 72 ore, è altrettanto evidente, per lo stesso motivo, che non sorge alcun obbligo di aggiornare la denuncia, né per il comodante, né per il comodatario.
Per quanto riguarda la forma del comodato, il diritto civile ci dice che è un contratto a forma libera, quindi si perfeziona anche semplicemente tramite accordo orale (secondo una parte della dottrina, il comodato sarebbe un diritto reale, quindi per perfezionarsi necessita comunque della consegna del bene, ma non complichiamo le cose…).
In pratica, se lei ha dato il suo consenso a che suo padre possa utilizzare l’indomani a caccia un determinato fucile, e poi la sera stessa, al ritorno, suo padre lo rimetterà tra le armi a lei appartenenti, a nostro avviso non c’è una norma di legge che obblighi le parti alla forma scritta e, nell’eventuale caso di contestazioni, dovrà eventualmente essere l’autorità di ps a dimostrare che il comodato si stia protraendo da più di 72 ore.
Questo, in un mondo perfetto. Nel mondo reale, purtroppo, occorre anche evitare, quando possibile, di mettersi nella condizione di provocare crisi di panico a taluni funzionari di ps, che quando non vedono un pezzo di carta (magari bollata, sarebbe meglio) cominciano a farsi brutte idee, le quali brutte idee, inevitabilmente, costano soldi e patemi d’animo al malcapitato cittadino.
Quindi, lasciando perdere le belle teorie da legulei, possiamo consigliarle molto prosaicamente di lasciare a suo padre un paio di scritture private, senza data, nelle quali lei dichiara di cedere in comodato a suo padre un determinato fucile da caccia (può essere utile compilare un paio di queste dichiarazioni per ciascuno dei fucili che vorrebbe prestare a suo padre). Quando suo padre, con il suo consenso, volesse andare a caccia con uno dei suoi fucili, prenderà con sé una delle sue dichiarazioni (firmate da entrambi), apporrà la data e si avvierà verso il terreno di caccia. Di ritorno, straccerà e getterà la dichiarazione “usata”. Qualora, magari una settimana più tardi, volesse tornare a caccia con lo stesso fucile, prenderà la seconda copia della scrittura privata da lei preparata, apporrà la data e procederà come sopra. Agendo in tal modo, a nostro avviso ci si tutela anche nei confronti della guardia volontaria venatoria più talebana e si evitano crisi isteriche a (certi) funzionari di ps.
Detto questo, la norma nulla prescrive sulla forma mediante la quale realizzare il suddetto comodato di armi, dal che si deve ritenere di dover ricavare un modus operandi dalle altre leggi che regolano la materia.
Di sicuro possiamo dire, in base all’articolo 38 del Tulps, che se il comodato supera la durata delle 72 ore, il comodatario deve denunciare l’arma all’autorità di ps, perché l’articolo 38 Tulps, così come modificato dal decreto legislativo 204, prescrive l’obbligo di denuncia entro le 72 ore dall’acquisizione della “materiale disponibilità” dell’arma.
Si deduce da ciò, quindi, che l’obbligo di denuncia scaturisce dal possesso fisico dell’arma, a prescindere da quale sia il negozio giuridico che l’ha portata nella disponibilità del cittadino: acquisto, donazione, comodato eccetera. E in tal caso, abbastanza logicamente, dovrà avere forma scritta.
Se, però, il comodato si esaurisce entro le 72 ore, è altrettanto evidente, per lo stesso motivo, che non sorge alcun obbligo di aggiornare la denuncia, né per il comodante, né per il comodatario.
Per quanto riguarda la forma del comodato, il diritto civile ci dice che è un contratto a forma libera, quindi si perfeziona anche semplicemente tramite accordo orale (secondo una parte della dottrina, il comodato sarebbe un diritto reale, quindi per perfezionarsi necessita comunque della consegna del bene, ma non complichiamo le cose…).
In pratica, se lei ha dato il suo consenso a che suo padre possa utilizzare l’indomani a caccia un determinato fucile, e poi la sera stessa, al ritorno, suo padre lo rimetterà tra le armi a lei appartenenti, a nostro avviso non c’è una norma di legge che obblighi le parti alla forma scritta e, nell’eventuale caso di contestazioni, dovrà eventualmente essere l’autorità di ps a dimostrare che il comodato si stia protraendo da più di 72 ore.
Questo, in un mondo perfetto. Nel mondo reale, purtroppo, occorre anche evitare, quando possibile, di mettersi nella condizione di provocare crisi di panico a taluni funzionari di ps, che quando non vedono un pezzo di carta (magari bollata, sarebbe meglio) cominciano a farsi brutte idee, le quali brutte idee, inevitabilmente, costano soldi e patemi d’animo al malcapitato cittadino.
Quindi, lasciando perdere le belle teorie da legulei, possiamo consigliarle molto prosaicamente di lasciare a suo padre un paio di scritture private, senza data, nelle quali lei dichiara di cedere in comodato a suo padre un determinato fucile da caccia (può essere utile compilare un paio di queste dichiarazioni per ciascuno dei fucili che vorrebbe prestare a suo padre). Quando suo padre, con il suo consenso, volesse andare a caccia con uno dei suoi fucili, prenderà con sé una delle sue dichiarazioni (firmate da entrambi), apporrà la data e si avvierà verso il terreno di caccia. Di ritorno, straccerà e getterà la dichiarazione “usata”. Qualora, magari una settimana più tardi, volesse tornare a caccia con lo stesso fucile, prenderà la seconda copia della scrittura privata da lei preparata, apporrà la data e procederà come sopra. Agendo in tal modo, a nostro avviso ci si tutela anche nei confronti della guardia volontaria venatoria più talebana e si evitano crisi isteriche a (certi) funzionari di ps.
Ruggero Pettinelli