Il Parlamento europeo chiede che le armi dell’Ue non cadano nelle mani sbagliate. Il 17 dicembre i deputati hanno approvato un rapporto che richiede di applicare più rigorosamente gli 8 criteri del Codice di condotta Ue per le esportazioni di armi, considerando il drastico cambiamento del contesto globale della sicurezza intorno all'Europa. Nel provvedimento è evidenziato come “il commercio di armi può non essere in linea con gli interessi di sicurezza dell'Ue e che interessi politici o nazionali non devono prevalere sul processo decisionale per le licenze di l'esportazione”.
Gli 8 criteri precisano nuove indicazioni per gli Stati membri per evitare che le attuali normative sul traffico d’ armi possano essere aggirate.
In futuro ogni Stato membro dovrà tenere conto, fra l’altro, del rispetto dei diritti umani nel Paese di destinazione finale e del rispetto del diritto internazionale umanitario; dei comportamenti del Paese acquirente per quanto concerne per esempio il suo sostegno o incoraggiamento del terrorismo e della criminalità organizzata internazionale. Ogni Stato dell’Ue dovrà prestare maggior attenzione all’esistenza del rischio che la tecnologia o le attrezzature militari siano sviate all’interno del Paese acquirente o riesportate a condizioni non ammissibili.
Tutti gli Stati dovranno valutare la compatibilità delle esportazioni di tecnologia o di attrezzature militari con la capacità tecnica ed economica del Paese destinatario, tenendo conto che gli Stati dovrebbero essere in grado di soddisfare le loro legittime esigenze in materia di sicurezza e difesa con una diversione minima di risorse umane ed economiche per gli armamenti.
Nel rapporto sull'esportazioni di armi dell'Ue la deputata svedese dei Verdi Bodil Valero evidenzia come “la situazione della sicurezza in Europa è completamente diversa rispetto a cinque anni fa”. “Per molti anni abbiamo venduto un grande numero di armi a Paesi con un certa stabilità, ma che al momento sono zone di conflitto. Se non definiamo una corretta valutazione dei rischi, allora avremo seri problemi. Oggi ci rendiamo conto che le armi che abbiamo venduto possono essere utilizzate contro di noi”.
Nel provvedimento nasce l’idea di invitare gli Stati membri a sostenere la creazione di un'autorità europea indipendente per il controllo delle armi: l'autorità avrebbe il ruolo di garantire che tutti rispettino le regole minime. I Paesi sarebbero comunque liberi di applicare delle norme più severe, che potrebbero avere anche conseguenze per le industrie di armi europee.
“Gli Stati membri dell'Ue che esportano armi”, ha aggiunto la relatrice del provvedimento Bodil Valero, “devono tener presente che i Paesi ai quali hanno venduto armi in passato non sono più stabili e devono rafforzare l'attuale regime comunitario per l'esportazione di armi”. In conclusione, ha ricordato che “in qualità di maggiori esportatori mondiali di armi, devono avere una responsabilità particolare per assicurare che l'Ue rimanga un sostenitore credibile dei diritti umani”.
Nella risoluzione approvata con 249 voti favorevoli, 164 contrari e 128 astensioni, i deputati rilevano che una diffusione incontrollata delle armi rappresenta un serio rischio per la pace e per la sicurezza, per i diritti umani e per lo sviluppo sostenibile. Rilevano, inoltre che, nonostante la situazione in Siria e in Iraq, le maggiori attività terroristiche e i conflitti nel Medio Oriente e in Nord Africa, non sia stato introdotto nessun cambiamento alle regole in vigore. L'Ue, nel 2013, ha esportato verso Paesi terzi armi per un importo totale di 26 miliardi di euro. Infine, la relazione annuale sulle esportazioni di armi da parte dell'Ue, in futuro, dovrebbe essere rilanciata come una banca dati pubblica e interattiva.