Armi e Tiro ha chiesto un'intervista a El?bieta Bie?kowska, uno dei due commissari europei (per il mercato interno, l'industria, l'imprenditoria e le piccole e medie imprese) che hanno presentato il progetto di direttiva europea per la messa al bando delle B7. La risposta alle nostre domande, pervenuta tramite la portavoce Heli Pietilä, è decisamente sconcertante: infatti, la portavoce ha confermato che la proposta di direttiva non è stata preceduta da alcuno studio sull'impatto economico («no economic impact assessment was prepared») che una decisione di questo genere avrà sul settore (per i mancati profitti), né sul costo vivo del mega-sequestro di tutte le B7 e di tutte le armi da guerra disattivate in possesso dei cittadini (che dovrà essere economicamente compensato, trattandosi di una espropriazione) per i bilanci dell'Unione. L'unica cosa sicura è che gli oneri derivanti dall'espropriazione (che, ricordiamo, sono stabiliti dall'articolo 42 della nostra Costituzione, sotto forma di "indennizzo") "dovranno essere sostenuti dai singoli Stati membri, secondo le rispettive leggi". La portavoce ha anche confermato che "non esiste alcuna informazione statistica sulla diffusione delle armi B7 e delle armi da guerra disattivate nei singoli Stati membri".
Questa informazione, apparentemente secondaria, è invece fondamentale, perché costituisce l'unica, potente leva in grado di mettere in forse tutta l'operazione. Infatti, la diffusione tra i Paesi membri di questo tipo di armi è, in molti casi, diffusa da decenni e quindi si può arrivare a parlare di centinaia di migliaia di esemplari, forse addirittura milioni, considerando anche le armi da guerra disattivate. Per parte nostra, possiamo solo dire che attualmente il Banco di prova ha classificato 1.016 diversi modelli di B7, ai quali vanno aggiunti tutti i modelli che furono a suo tempo catalogati, ma che oggi non sono stati classificati dal Banco (Sig Amt, per esempio, e compagnia bella).
Occorre anche considerare che la proposta della Commissione europea, sembra anche violare le stesse leggi dell'Unione: il “protocollo n. 2 sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità” del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’articolo 5, stabilisce che “I progetti di atti legislativi sono motivati con riguardo ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità. Ogni progetto di atto legislativo dovrebbe essere accompagnato da una scheda contenente elementi circostanziati che consentano di valutare il rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità. Tale scheda dovrebbe fornire elementi che consentano di valutarne l'impatto finanziario e le conseguenze, quando si tratta di una direttiva, sulla regolamentazione che sarà attuata dagli Stati membri, ivi compresa, se del caso, la legislazione regionale. Le ragioni che hanno portato a concludere che un obiettivo dell'Unione può essere conseguito meglio a livello di quest'ultima sono confortate da indicatori qualitativi e, ove possibile, quantitativi. I progetti di atti legislativi tengono conto della necessità che gli oneri, siano essi finanziari o amministrativi, che ricadono sull'Unione, sui governi nazionali, sugli enti regionali o locali, sugli operatori economici e sui cittadini siano il meno gravosi possibile e commisurati all'obiettivo da conseguire”.