Il Consiglio di Stato, con la recente sentenza del 29 gennaio 2015, n. 1072, ha ribaltato la precedente sentenza emessa il 16 luglio 2014 in tema di requisiti per la concessione o il diniego del Porto d’armi. Si tratta di una pronuncia fondamentale, visto quanto stava accadendo negli ultimi mesi. In sostanza, il 16 luglio 2014 il Consiglio di Stato ha inteso accogliere la tesi rigorista sostenuta (avevate dubbi?) dal ministero dell’Interno, sostenendo che nel caso in cui il richiedente un porto d’armi avesse avuto precedenti penali, il diniego alla concessione non sarebbe soggetto ad alcuna discrezionalità, ma anzi dovrebbe ritenersi automatico, anche nel caso in cui fosse intervenuta la riabilitazione. Il ministero, ovviamente, ha diramato alle questure una circolare (28 novembre 2014), invitando gli uffici periferici a conformarsi a questa presa di posizione, che ha peraltro, immediatamente, suscitato più di un dubbio di costituzionalità.
Infatti, una interpretazione di questo tipo viene a negare, appunto, le funzioni dell’istituto della riabilitazione, istituto che, in presenza di un soggetto che dia prova di aver cambiato vita, cancella gli effetti delle precedenti condanne. Seguendo l’interpretazione rigorista del Consiglio di Stato, alcune questure hanno addirittura cominciato a ritirare il porto d’armi a soggetti ultrasessantenni che ne erano in possesso da trenta o quarant'anni, semplicemente perché quando erano minorenni avevano subito una condanna per furtarelli o danneggiamenti. Con la nuova sentenza, per fortuna, il Consiglio di Stato rimedia a questa palese stortura, ha infatti sancito che “l’effetto preclusivo, vincolante ed automatico, proprio delle condanni penali di cui all’art. 43, viene parzialmente meno una volta intervenuta la riabilitazione e più precisamente viene meno l’automatismo del rifiuto o revoca delle licenze di porto”. In sostanza, il Consiglio di Stato ha ribadito che una condanna precedente, per la quale è intervenuta riabilitazione, non consente a una questura di negare o revocare “in automatico” un porto d’armi, ma richiede comunque una valutazione discrezionale più ampia. In pratica, esattamente come avveniva prima dell’emanazione della sentenza del 16 luglio 2014!