Nel recente passato di Glock, il concetto di pistola tascabile per porto occulto è stato interpretato sotto forma di subcompact, intendendo con tale termine una classe di pistole semiautomatiche bifilari ottenute con “tagli” drastici all’altezza dell’impugnatura e alla lunghezza di canna delle full size. Questo espediente ha dato risultati molto buoni e non si può certo dire che la Glock 26 (la versione in 9×21) non abbia risolto tanti problemi a chi desiderava un’arma per il porto compatta e pressoché invisibile, ma anche dotata di una potenza di fuoco ancora rispettabile. Sta di fatto, però, che vi sono momenti e occasioni (specialmente d’estate, quando gli abiti sono pochi e striminziti) in cui le pur ottime subcompact risultano ancora troppo ingombranti, specialmente per quanto riguarda l’unica, delle tre dimensioni, che è rimasta pressoché invariata rispetto alle full size progenitrici: lo spessore.
Per la realizzazione della Glock 42, i tecnici hanno messo insieme due ingredienti se non nuovi per l’azienda austriaca, quantomeno utilizzati con parsimonia: il fusto monofilare e il calibro 9 corto. Non si tratta in effetti di vere novità per Glock, in quanto il fusto monofilare era già utilizzato nella subcompact 36 calibro .45 acp e per il 9 corto era stata sviluppata la serie di semiauto 25 (compact) e 28 (subcompact). In effetti, però, le pistole semiauto in 9 corto dell’azienda non erano pensate per fornire un contenimento dei pesi e degli ingombri rispetto alle omologhe in 9 para/x21, ma solo per garantire una maggior controllabilità ed eventualmente bypassare possibili problemi legali relativi alla detenzione del 9 para in determinati Paesi. Con la 42, si è invece “vestito” il 9 corto intorno a una cellula sviluppata appositamente. A questo scopo, si è deciso di non cercare la rincorsa a tutti i costi nei confronti dei concorrenti sul millimetro di canna o di altezza di impugnatura in meno, ma anzi di realizzare un assetto forse non ai minimi termini dimensionali, ma superiore agli altri per gestibilità, precisione e comfort.
Si è preso dalle semiauto austriache il massimo di quanto già collaudato, adattandolo alle forme “mini” della 42: a partire dalla chiusura geometrica a canna oscillante tipo Browning modificata, per ridurre al massimo le dimensioni e il peso del carrello e mitigare le reazioni allo sparo. La canna è lunga 82,5 millimetri e ha la consueta rigatura semipoligonale a sei principi con passo di 250 mm. Dalle Glock più grandi è stata anche presa la principale dote della 42, cioè l’impugnatura: l’angolo indovinato consente un puntamento istintivo e naturale, l’elsa pronunciata e ben scavata garantisce un asse di canna bassissimo rispetto alla mano, a vantaggio del contenimento del rilevamento e della rapidità di ripetizione del colpo. Questo è, in effetti, il principale punto debole di alcune delle armi concorrenti che, per ridurre al minimo gli ingombri generali, spesso sono costrette a scontare un prezzo elevato in termini di altezza dell’asse di canna (perché, stringi stringi, da qualche parte il gruppo di scatto bisogna pur metterlo!). L’interasse tra canna ed elsa della Glock 42 è di soli 18 mm, inferiore quindi anche rispetto alle subcompact della stessa azienda. Come è stato possibile? Semplicemente, rivedendo l’architettura del pacchetto di scatto e, in particolare, sopprimendo la molla a trazione del dente di scatto, normalmente alloggiata dietro quest’ultimo, a favore di una molla a compressione (di tipo convenzionale, quindi), alloggiata al di sotto del dente. Il resto del gruppo mantiene una stretta parentela con le altre semiauto austriache, compreso lo scatto Safe action in Semi-Doppia azione con sicura automatica sul grilletto anti-movimento involontario e la sicura automatica al percussore. A dire il vero, anche quest’ultimo è stato modificato rispetto alla serie Glock normale, perdendo la tipica estremità anteriore a sezione rettangolare, a favore di un profilo a goccia (a cui corrisponde identico profilo del foro di egresso del percussore). Un’altra, piccola differenza rispetto alle Glock “normali” è che la sede per la molla di contrasto dell’estrattore non è completamente coperta dalla piastrina posteriore, ma risulta in parte visibile sul lato destro di quest’ultima.
Lo scatto Safe action, come è noto anche ai sassi, prevede un prearmamento del percussore con il movimento retrogrado del carrello (o meglio, con il ritorno in batteria del carrello dopo averlo arretrato); la trazione sul grilletto completa l’armamento del percussore e ne provoca quindi lo sgancio, causando la partenza del colpo. Questo sistema ha mostrato i propri pregi negli anni, tanto che è stato ampiamente imitato, perché consente una prontezza d’uso eccellente e non dà alcuna differenza di sforzo rispetto a una Doppia azione convezionale (primo colpo in Doppia, i seguenti in Singola). Dobbiamo però dire che ha un punto di vantaggio in più in particolare in una back-up, perché rispetto all’altro tipo di scatto normalmente utilizzato in queste mini-pistole (la sola Doppia azione) vanta una corsa inferiore. Può sembrare un problema relativo, ma quando si stringe un’impugnatura sottile e soprattutto corta, con uno scatto in Doppia azione diventa difficile completare l’ultima parte della corsa, proprio perché il grilletto è tanto vicino al fusto da “annodare” il dito indice dentro il palmo della mano. Si perde il controllo dello scatto e lo strappo è dietro l’angolo. Con la Glock 42 questo non avviene e la controllabilità dello scatto è la medesima di una full size. Rispetto a quanto indicato dal produttore (2.550 grammi), abbiamo solo riscontrato uno sforzo di scatto superiore (2.900 grammi al dinamometro Lyman), senza che questo abbia comportato particolari conseguenze pratiche. Un altro punto di differenza della Glock 42 rispetto alle altre back-up del mercato, è il dimensionamento delle mire: Il mirino è praticamente identico a quello delle full size e anche la finestra della tacca ha la medesima profondità e proporzione. La differenza è sui lati della tacca, che sono meno inclinati (cioè più verticali) e questo è tutto. Non sembra, ma sul bersaglio fa una differenza enorme avere mire full size rispetto a mire back-up!
Con sei colpi nel caricatore, commerciali della Geco con ogiva Fmj di 95 grani, siamo pronti a mettere alla corda la nuova back-up nel poligono del distributore Bignami di Ora (Bz). È piccola, ma non troppo, e il primo contatto è indubbiamente positivo. Si impugna bene, anche se si sente la mancanza di un mezzo centimetro nella parte inferiore dell’impugnatura. Di fatto, il mignolo della mano forte, riesce a fasciare appena il bordo inferiore dell’impugnatura, ma quest’aspetto non pregiudica la realizzazione di una buona presa, sia a una mano sia a due mani. Sicuramente un pad maggiorato con appendice, avrebbe eliminato già dall’inizio questo particolare, ma siamo sicuri che a breve sarà disponibile come accessorio. La texture è identica nella forma e nella disposizione, alle Gen 4 full size, senza l’impronta delle dita, ma con gli incavi laterali per il pollice. Dopo alcuni minuti di dry fire, ho notato che il grip generale è buono e nell’insieme si riesce a eseguire una buona impugnatura trovando la giusta posizione a tutte le dita; lo sgancio caricatore si aziona con facilità, ha una larga superficie di contatto, ma non è troppo sporgente, quindi difficile da azionare accidentalmente; la leva hold open, come nelle sorelle maggiori, è dura da abbassare e per vincere la resistenza è necessario premere con forza. Senza l’ausilio di una “vera” fondina, ho simulato una serie di estrazioni, notando la facilità di presa, di acquisizione del bersaglio e di accoppiamento della mano debole nella tecnica a due mani. Come abbiamo potuto osservare e provare più volte, con le armi a carrello squadrato prive di sicure all’otturatore, la miglior tecnica di presa per armare, è a mano rovesciata. Vista la superficie ridotta della piccola G42, questa tecnica ci avvantaggia maggiormente, migliorando la presa rispetto al binomio “pollice e indice”. Considerando la vocazione back-up, al tiro si è dimostrata sorprendentemente precisa, con ottimi riscontri in termini di rosata e di facilità nel raggiungimento della performance, nonostante uno scatto Safe action, decisamente meno fluido e più duro di quello montato sulle Glock “tradizionali”. Il calibro 9 corto, sparato sulla G42, si gestisce con semplicità: l’arma non scalcia, rileva poco, è ben bilanciata e in pochi istanti si è pronti al colpo successivo. Sfruttando il tunnel della Bignami e creando un “gioco” di luci, abbiamo apprezzato la resa degli organi di mira, che in perfetto stile Glock, hanno i riferimenti bianchi: dot sul mirino e profilo a “U” sulla tacca di mira. Ottima la percussione e l’alimentazione, senza esitazioni di sorta.
Scheda tecnica
Produttore: Glock, www.glock.com
Messa a disposizione da: Bignami spa, via Lahn 1, 39040 Ora (Bz), tel. 0471.80.30.00, fax 0471.81.08.99, www.bignami.it
Modello: 42
Tipo: pistola semiautomatica
Calibro: 9 corto (.380 auto)
Funzionamento: chiusura geometrica a canna oscillante sistema Browning modificato
Alimentazione: caricatore monofilare amovibile in polimero con anima in acciaio
Numero colpi: 6+1
Lunghezza di canna:
Lunghezza totale:
Altezza:
Spessore:
Percussione: percussore lanciato
Scatto: safe action in semi-Doppia azione, peso di sgancio rilevato
Mire: mirino prismatico fissato al carrello, tacca di mira innestata a coda di rondine, riferimenti bianchi per il tiro istintivo
Sicura: automatica al percussore; automatica sul grilletto
Peso:
Qualifica: arma comune da sparo
Prezzo: 514 euro, Iva inclusa