La Fisat ha annunciato battaglia nei confronti dello sciagurato decreto correttivo del 204/10, evidenziando alcune linee di strategia da tentare di far valere in sede giudiziaria. Intanto, si prepara la costituzione del comitato Fisat Roma e un progetto di grande riunione nella Capitale, che coinvolga tutti i titolari di Porto d'armi, per presentare i progetti di ricorso e raccogliere fondi per affrontare i ricorsi medesimi (la raccolta di fondi sarà su base esclusivamente volontaria, secondo quanto dichiarato dagli organizzatori).
Per quanto riguarda le linee guida ispiratrici dei ricorsi, sono fondamentalmente quattro:
1) Violazione dell'articolo 14 del Dpr 400/88 per non aver seguito il procedimento che impone di rispettare i pareri delle Commissioni parlamentari.
2) Violazione dell'articolo 1 comma 5 della L. 88/2009 di delega al Governo che imponeva il completamento dell'iter entro 24 mesi dall’entrata in vigore del D.Lgs. 204/2010 e non la presentazione alle camere come effettivamente avvenuto.
3) Violazione degli articoli 3 e 6 della Carta europea (diritto alla vita e diritto alla sicurezza) in quanto obbliga le persone legalmente armate quali cittadini e guardie giurate e agenti di polizia autorizzati a portare armi comuni (Magistrati, Direttori di Penitenziario, ufficiali di PS, alcuni corpi armati) ad impiegare armi limitate per legge a 5 e 15 colpi, mettendo un limite alla loro possibilità di difendersi e quindi di proteggere adeguatamente la loro vita.
4) Violazione degli articoli 34 – 35 – 36 – 346 .1 lett (b) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea in quanto il provvedimento legalizza definitivamente i caricatori di ogni capacità non più considerandoli parte di arma, solo per le esportazioni salvo poi vietarne acquisto uso od importazione ai cittadini italiani.
Secondo la Fisat, i primi due ricorsi sarebbero da farsi valere davanti alla corte costituzionale, il terzo davanti alla corte europea dei diritti dell’uomo, il quarto davanti alla corte europea di giustizia. Il problema dei due primi ricorsi, però, è che la corte costituzionale può essere chiamata a esprimersi solo in via “incidentale”, cioè nell’ambito di un processo in atto. Il che significa, come ha fatto notare il giudice Edoardo Mori, che teoricamente almeno un cittadino dovrà essere accusato di detenzione di un caricatore “vietato” e finire a processo, per poter tentare la via della corte costituzionale. Inoltre, la corte potrà essere interessata del problema solo se il giudice ordinario riterrà la questione non "manifestamente infondata". Per quanto riguarda i ricorsi in sede europea, invece, l’incognita è che le istituzioni europee non ritengano che il decreto abbia espresso norme in contrasto con il funzionamento dell’Unione.