Con il voto determinante di 16 repubblicani, il Senato statunitense ha deciso di dare il via all'esame della riforma della legislazione sulle armi, primo passo di quello che sarà un lungo e arduo cammino congressuale. La riforma punta a rendere più severa la disciplina per acquistare un'arma (diritto sancito dal II emendamento della Costituzione) ed è stata voluta da Barack Obama dopo la strage del 14 dicembre scorso in una scuola elementare in Connecticut in cui un folle armato massacrò 20 bambini e 6 adulti.
La proposta di passare subito al dibattito ha ottenuto 68 voti a favore (ne servivano almeno 60) e 31 contrari. Tra questi anche 2 democratici: i senatori Mark Pryor dell'Arkansas e Mark Begich dell'Alaska, Stati in cui il possesso di armi è considerato un diritto sacrosanto. "La parte difficile inizia ora", ha commentato il capo della maggioranza democratica, il senatore Harry Reid, ricordando che è dal 1994 che il Congresso non si occupa di armi. Quell'anno il presidente Bill Clinton ottenne che per 10 anni fosse vietata la vendita dei fucili d'assalto. Divieto che, insieme a quello di caricatori ad alta capacità, è già operativo in alcuni Stati, a partire dalla California e da quello di Nerw York, ma che difficilmente passerà a livello federale con l'avallo del Congresso. A sbloccare l'esame del testo al Senato il compromesso raggiunto ieri sui controlli sugli acquirenti di armi (estesi anche alle fiere campionarie e alle vendite online, finora escluse) tra il senatore democratico Joe Manchin del West Virginia e il repubblicano Patrick Toomey della Pennsylvania. La National rifle association ha subito attaccato l'intesa bipartisan del Senato, annunciando che declasserà nella sua particolare classifica di affidabilità tutti quei senatori e deputati che diranno sì al compromesso sulle nuove regole circa il possesso di armi. "Allargare i controlli di chi compra una pistola", ha affermato la Nra, "non ridurrà la violenza, tantomeno assicurerà la vita dei nostri ragazzi a scuola".