I leader di 150 Paesi si sono riuniti ieri a New York per riprendere i negoziati per la stesura del Trattato Onu sul commercio delle armi. Il trattato dovrà stabilire standard condivisi per il commercio internazionale di armi convenzionali, come carri armati, artiglieria, navi da guerra, missili e armi leggere. Questi standard serviranno a vincolare gli Stati a tracciare i movimenti di armi e munizioni, e a ridurre il rischio che le armi esportate finiscano nelle mani di gruppi ribelli, vengano usate per commettere violazioni dei diritti umani, o confluiscano nel mercato del contrabbando di armi.
Lo scorso luglio, durante la prima conferenza per il Trattato sul commercio delle armi, si era arrivati a definire una bozza di trattato dopo quattro settimane di negoziati, ma non si riuscì a raggiungere l’accordo. Gli Stati Uniti, che sono i primi esportatori di armi al mondo, con il 30% delle esportazioni globali nel periodo 2008-2012, abbandonarono i lavori l’ultimo giorno della trattativa. Anche la Russia, responsabile del 26% delle esportazioni globali, e la Cina, al quinto posto con un 5%, abbandonarono le trattative perché avevano bisogno di più tempo per considerare le condizioni della bozza del trattato.
I dubbi degli Stati Uniti, che sembrano più che legittimi, si sono concentrati sul fatto che il trattato non sarebbe limitato al commercio di armi strettamente militari, ma influirebbe anche sul commercio delle armi civili. Pertanto, oltre 50 senatori (sia repubblicani, sia democratici) si sono opposti alla firma del trattato, eccependo il conflitto con il secondo emendamento della costituzione americana. Secondo la American bar association, fra le più grandi associazioni professionali che riunisce gli avvocati degli Stati Uniti, ha invece dichiarato che il trattato sarebbe compatibile con il Secondo emendamento, perché regolerà solo il mercato delle esportazioni.
Tom Mason, il segretario generale della Nra, ha spiegato al Washington Post che il problema principale del trattato è che si includono anche le armi di piccolo calibro e non si distingue tra armi “civili” e “militari” (la Nra avrebbe anche sottoposto alla conferenza la definizione di “armi civili”).
Un altro nodo controverso per gli Stati Uniti, è la contrarietà a comprendere nel trattato le munizioni, che invece farebbero parte della categoria delle armi leggere nella definizione data dagli esperti dell’Onu nel 1997.
Se non si dovesse raggiungere l’accordo a causa dell’opposizione di Stati Uniti, Russia, o di altri grandi produttori, il trattato potrebbe essere comunque sottoposto al voto dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. D’altra parte una soluzione di compromesso, pur accettata da tutti i grandi esportatori, rischia di privare di sostanza il trattato.