Si è svolta oggi, presso la commissione affari istituzionali della camera dei deputati, l’audizione informale e contestuale dei rappresentanti di associazioni di imprese operanti nel settore e di organizzazioni interessate alla disciplina oggetto dello schema legislativo recante attuazione della direttiva 2008/51/Ce del parlamento europeo e del consiglio, del 21 maggio 2008, che modifica la direttiva 91/477/Ce del consiglio, relativa la controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi (atto n° 236). Erano presenti e hanno parlato: Ranieri De Maria (Anpam), Mauro Vignola (Anpp), Edgardo Fegro (Assoarmieri), Pierangelo Pedersoli (Cab), Livio Alessio (Fidc), Gianfranco Manfredini (Fisat), Nicola Miriano (Fitav), Giuseppe Evola (Enalcaccia-Face), Ernfried Obrist (Uits).
I presenti hanno sviscerato tutti gli elementi penalizzanti e inutili della bozza di decreto. Il relatore Pierguido Vanalli (lega Nord) ha ringraziato per i contributi, alcuni dei quali già oggetto di valutazione da parte del ministero, e rassicurato sul recepimento delle aspettative. Il deputato Carlo Nola (pdl) ha sottolineato una delle tante incongruenze e sul quale il ministero non ha saputo fornire risposta: la definizione di munizioni “per pistola”. Manfredini di Fisat ha ringraziato per il tempo concesso per spiegare le ragioni dei cittadini onesti, appassionati di armi, sulla bozza di decreto che prevede decine di disposizioni che nulla hanno a che vedere con la Direttiva europea. Ha poi ricordato che quando le armi saranno completamente vietate solo i criminali potranno possederle…
Ecco le principali contestazioni mosse alla bozza di decreto e, in fondo alla pagina, il link al comunicato stampa pubblicato dall’Anpam.
Intermediario d’armi
Figura la cui introduzione si spiega solo con l’errata traduzione del termine inglese “broker” e che trova riferimento esclusivamente con le armi militari (non a caso “weapon”).
Strumenti riproducenti armi
All’articolo 5 della bozza di decreto si introduce il concetto di “strumenti riproducenti armi”. In questa categoria si trovano quelli che oggi sono considerati giocattoli per il Soft air e le scacciacani, assolutamente di libera vendita. Si prevede ora l’obbligo di “rimpicciolirle” del 20 per cento rispetto agli originali e per le soft air che non abbiano parti in metallo. Il Soft air è praticato in Italia da alcune centinaia di migliaia di persone, riconosciuto dallo Csen-Coni, le air soft gun impiegate sono per la maggior parte importate e hanno parti essenziali in metallo per sparare pallini in plastica che risultano del tutto innocui. È un gioco di simulazione che prevede che tali giocattoli debbano pur rappresentare armi. La limitazione che si vuole introdurre si trasformerà in un divieto totale perché renderà impossibile la reperibilità sul territorio italiano di tali giocattoli perché i produttori esteri non fabbricheranno mai repliche per il solo mercato italiano. L’Italia è invece produttrice delle cosiddette scacciacani, in circa 300 mila esemplari all’anno e la limitazione imporrebbe oneri significativi ai loro danni.
Senza contare che la limitazione proposta non è in sintonia con la direttiva europea che all’articolo 4 introduce soltanto il concetto di armi trasformate o trasformabili e raccomanda solo che tali oggetti siano inseriti nella definizione di arma da fuoco.
Munizioni e ricarica
All’articolo 2 comma 1 si sottomettono palle, inneschi e bossoli alla stessa regolamentazione riservata alla polvere da sparo e alle munizioni complete. Solo queste attualmente sono sottoposte ad autorizzazione di polizia, mentre palle, inneschi e bossoli sono di libera vendita e detenzione semplicemente perché inutili per il confezionamento casalingo delle munizioni senza polvere da sparo. Anche dal punto di vista criminale la ricarica è fenomeno praticamente inesistente, perché richiede competenza tecnica, mentre è più facile l’approvvigionamento di munizioni complete nei Paesi dell’Est Europa. La direttiva europea lascia liberi gli Stati membri di seguire le proprie impostazioni. Anche l’istituzione di licenza per l’attività della ricarica, come vorrebbe la bozza di decreto, è contraria alla direttiva europea che, anzi, ritiene opportuno e semplice che le autorizzazioni di acquisizione e detenzione di un’arma da fuoco siano quanto più possibile oggetto di un unico procedimento amministrativo. In Italia è già così: solo chi ha licenza può acquistare polvere da sparo necessaria per ricaricare, e la detenzione deve essere denunciata al pari di quella delle munizioni complete. Le Federazioni di tiro riconosciute, poi, hanno competenze sportive e, di più, non si occupano di discipline di tiro che impieghino armi per le quali si ricaricano le cartucce.
Parti fondamentali di armi
Ancora l’articolo 5 impone che non sia possibile sostituire la parte su cui è stata apposta la marcatura anche qualora divenga inservibile per rottura o usura. La direttiva europea determina quale sia la parte fondamentale (la cui distruzione renderebbe l’arma inutilizzabile), ma non prevede certo che non possa essere sostituita in modo legale e “tracciabile” come avviene spesso a opera di armaioli con licenza. Il divieto imporrebbe la rinuncia definitiva ad armi anche di elevato valore storico o commerciale e sarebbe un limite eccessivo all’attività degli armaioli riparatori.
Licenze
Lo schema prevede un eccesso di discrezionalità per la regolamentazione della custodia delle armi, nonché l’emanazione di una nuova legge per i requisiti psicofisici che sono già stringenti. È assurdo e troppo restrittivo prevedere che la licenza di collezione, oggi permanente, debba essere rinnovata ogni tre anni. E così che per il Nulla osta sia prevista un’indagine medico-legale ogni 6 anni, quando oggi non c’è alcuna previsione.
Armieri
La direttiva non impone l’obbligo della tenuta dei registri su strumenti informatici, cosa che invece fa lo schema di decreto, la direttiva riserva invece questo obbligo all’Autorità dello Stato. Non ha alcun senso obbligare l’armaiolo a conservare i registri fino a cinquant’anni dalla chiusura, dovendo già consegnarli in quel momento. La realtà commerciale in Italia vede spesso piccole ditte a conduzione famigliare che faticano a sbarcare il proverbiale lunario.
9 parabellum
Ancora l’articolo 5 viola gravemente il principio di uguaglianza tra i cittadini stabilito dall’articolo 3 della costituzione. In pratica da un lato vieta definitivamente ai cittadini il possesso di armi in calibro 9×19 parabellum, riservandolo a forze di polizia e militari, dall’altro lo assoggetta al regime di vigilanza attenuato riservato alle armi consentite solo quando tali armi debbano essere esportate. Se il calibro è considerato comune e non da guerra (come è nella maggior parte del mondo e come è già, in Italia, per le armi a rotazione) deve essere tale per tutti i cittadini. Tra l’altro l’Italia è il terzo Paese al mondo come pratica del Tiro dinamico, per la quale la maggior parte dei tiratori impiega il 9×19 parabellum.
Laser
Ancora l’articolo 5 prevede che i laser classe 3A siano oggetti atti a offendere. Ciò non è corretto in quanto anche la normativa europea Cei En 60825 ha individuato una lesività di tali laser esclusivamente “se il loro fascio viene osservato tramite strumenti di amplificazione”. È un fatto che tali strumenti, che verrebbero messi al bando così come gli indicatori per le conferenze, sono quelli utilizzati per il puntamento delle armi.
Avviso al coniuge
L’articolo 3 della bozza prevede l’avviso al coniuge e ai famigliari conviventi maggiorenni del rilascio di licenze in materie di armi da fuoco. Ciò non è previsto dalla direttiva e inutile, atteso che empiricamente si fatica a immaginare un caso in cui un convivente di appassionato non sappia che questi detiene o colleziona armi da fuoco.
Poligoni privati
L’assoggettamento dei poligoni privati a licenza del sindaco è procedura di inutile aggravio burocratico perché già adesso è quello che succede per le innumerevoli gare di tiro per cacciatori che si svolgono da decenni sull’arco alpino e in Appennino e spesso valgono anche come verifica della capacità tecnica dei cacciatori di selezione. Gli altri poligoni privati “ufficiali” sono già assoggettati a licenze di pubblica sicurezza e già molto vigilati in quanto non se ne consente l’accesso a chi non è munito di licenza di Porto d’armi, perlopiù non hanno deposito di armi o munizioni e la quasi totalità è frequentata se non gestita da agenti delle forze di polizia. I criminali preferiscono senz’altro utilizzare aree completamente disabitate.