Appena un mese e ci risiamo. Le sicurezze degli appassionati d’armi restano labili, sempre sindacabili. E il raptus di un ex militare evoca subito limitazioni e restrizioni. Giornali e televisioni ci sono andati a nozze: lo sniper con l’arsenale in casa, in realtà, deteneva un fucile a canna liscia, una carabina a leva e un revolver. Era risaputo che aveva qualche problema psichico, ma le autorità non avevano pensato di intervenire. Sul problema sicurezza si gioca buo…
Appena un mese e ci risiamo. Le sicurezze degli appassionati d’armi restano
labili, sempre sindacabili. E il raptus di un ex militare evoca subito
limitazioni e restrizioni. Giornali e televisioni ci sono andati a nozze: lo
sniper con l’arsenale in casa, in realtà, deteneva un fucile a canna liscia,
una carabina a leva e un revolver. Era risaputo che aveva qualche problema
psichico, ma le autorità non avevano pensato di intervenire. Sul problema
sicurezza si gioca buona parte del futuro di questo governo e anche del
prossimo, e il giochino dello scaricabarile è il preferito da tutti. Al
ministro Giuliano Amato non par vero di promettere “un disegno di legge che
modifica le norme sul porto d’armi e prevede controlli severi e ripetuti sull’
idoneità fisica e psichica di chi possiede le armi, proprio per evitare che si
ripetano fatti come quello di Guidonia”. Per evitare che si ripetessero fatti
come quello e altri precedenti, secondo la logica della spinta emotiva dell’
opinione pubblica, nel 2003, l’allora ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu,
stabilì una revisione straordinaria della visita medica: si dimostrò che meno
dello 0,5% delle licenze valide erano state ritirate e lo stesso ministro non
aveva potuto fare a meno di ammettere la “sostanziale affidabilità” dei
cittadini legalmente armati.
Con una tempestività e uno zelo notevoli lo stesso giorno dei fatti di Guidonia
il ministero aveva già messo un freno (piccolo, ma sincero) sulla concessione
della “famosa” licenza prefettizia per la detenzione di munizioni per pistola
in quantità superiore rispetto ai 200 colpi previsti dal Tulps. Che non si
scherzi: è solo per istruttori di tiro e agonisti nazionali. Purtroppo sappiamo
da tempo come la pensano Giulio Cazzella e Giovanni Aliquò. Ma il germe del
controllo degli ormai supercontrollati appassionati d’armi deve aver attecchito
profondamente nell’Associazione nazionale funzionari di polizia. Leggete Enzo
Marco Letizia, neo eletto segretario nazionale al posto di Aliquò, su Il
messaggero: “L’episodio di Guidonia deve sollecitare l’attenzione del ministro
dell’Interno e del capo della polizia sull’esigenza di dare una svolta concreta
sulla politica delle armi fino a oggi praticata, rivedendo normative e
circolari lassiste, spesso illegittime, che hanno consentito il proliferare
degli armati sul territorio nazionale”. Peccato che secondo un’inchiesta de la
Repubblica i titolari di porto d’armi per difesa – unici a poter portare con sé
un’arma carica – siano in costante diminuzione (da circa 42.000 nel 2002 a
34.000 nel 2007). Non basta, Letizia è un fiume in piena: “Purtroppo, mentre
gli operatori di polizia e i cittadini continuano a cadere sotto i colpi degli
squilibrati armati, sulle esigenze collettive prevale il compromesso che, nelle
stanze ministeriali, si è stretto tra armieri e super-burocrati”. Ohibò. Non
sarà che Letizia ce l’ha proprio con il superburocrate Aliquò o con Cazzella,
che “siedono” nelle stanze ministeriali? Eppure non mi pare proprio che siano
così permeabili alle esigenze non solo della “lobby” degli armieri, ma anche
alle legittime aspettative degli appassionati. “Non è”, rincara Letizia, “solo
una questione di cambiamenti legislativi, ma anche e soprattutto la necessità
di riformare o annullare decreti, circolari e altri provvedimenti che hanno
consentito, da un lato, il possesso indiscriminato di armi dall’elevato
potenziale offensivo e, dall’altro, la sostanziale inefficacia delle visite
mediche, svolte secondo i criteri dell’autocertificazione e della mancanza di
qualsiasi effettiva assunzione di responsabilità”. Ci mancava un altro
vendicatore autoproclamatosi giurista e censore: deve essere proprio la
“scuola” dell’Anfp. Sia chiaro che non è vero niente, basterebbe che questi
signori volessero informarsi di più e usare un po’ più di logica: però il
barile poi a chi si scarica? Ne volete un altro che conosciamo già bene?
Vincenzo Del Vicario, segretario nazionale del Savip, il sindacato autonomo
vigilanza privata, si adegua nello stesso articolo: “La potente lobby degli
armieri sembra essere sempre riuscita a imporre al ministero dell’Interno la
sua politica di lassismo nel controllo e nella limitazione della circolazione
delle armi nel nostro Paese”. Per il Savip, “è scandalosa, per esempio, la
procedura per la verifica delle permanenze delle condizioni psico-fisiche dei
possessori di armi che possano tenere a casa, con le relative munizioni, senza
dover superare alcun accertamento medico. Ma gli stessi accertamenti medici,
per quando previsti, sono svolti secondo procedure risibili, prive di qualsiasi
affidabilità e rimesse a un circuito medico che, forse più orientato al
profitto economico che all’accuratezza, non è in alcun modo controllato”.
Inoltre, “sempre per favorire l’industria armiera, è consentito il possesso di
un numero illimitato di armi lunghe e delle loro munizioni, così che si
agevolano le azioni criminose e le gesta degli squilibrati. Oltre a mettere in
grave pericolo la sicurezza dei cittadini, tale politica compromissoria sulle
armi del ministero dell’Interno nuoce anche ai possessori delle stesse che,
come l’ufficiale in congedo protagonista della sparatoria di Guidonia, quando
patiscono un disagio psichico sono anche lasciati dallo Stato in condizioni di
trasformarsi in facili assassini, rovinando la propria e l’altrui vita”.
Intravedo una strategia comune, di questi soloni romani che godono dell’
attenzione dei media – evidentemente – solo in simili, tragiche situazioni. E
allora, per cortesia guardie particolari giurate, agenti e funzionari di
polizia che ci leggete, non potete fare qualcosa per togliere consenso a questi
signori che le studiano tutte e non risolvono problemi, al sicuro dei loro
uffici e dietro i loro aggiornatissimi computer? Vorrebbero che gli
appassionati non sparassero per niente, neanche in poligono, ma le forze di
polizia sì, di più. Parliamone. Ma sentite Aliquò (a cui fischieranno le
orecchie…) a Radio24, quando è un poliziotto che spara probabilmente per
errore nell’area di servizio di Arezzo: «Conosco le problematiche balistiche,
ma conosco anche i problemi di formazione e i tagli dei fondi “feroci”. A Roma
non ci sono poligoni per far esercitare i poliziotti. Dico ai politici che non
taglino fondi e ne destinino più alla formazione delle forze dell’ordine. Cosa
sia successo ad Arezzo non posso saperlo, ma è chiaro che è una questione di
autocontrollo. Un autocontrollo che viene da esercitazioni specifiche che non
si fanno perché i fondi sono stati tagliati. C’è gente che si esercita una
volta ogni sei mesi, non parliamo dell’uso delle armi in condizioni di stress».
Ultima ora. L’Uits è ancora considerato ente inutile dal governo e già da un
ramo del parlamento. Dobbiamo cominciare a preoccuparci? Il vicepresidente
vicario aveva assicurato che era tutto a posto: non è che, invece, è già pronto
il trasferimento da viale Tiziano al Viminale? Se tutto va bene siamo
rovinati…