Orsi d’Abruzzo: tanti soldi, spesi male
La tragica morte per avvelenamento di alcuni esemplari di orso marsicano nel Parco nazionale d’Abruzzo ha portato alla ribalta la questione dei finanziamenti ottenuti per lo studio e la salvaguardia di questo plantigrado: soldi, a quanto pare, spesi solo in una direzione. Secondo quanto riferito dal quotidiano La Repubblica, non è facile quantificare le risorse erogate negli ultimi anni dalle più disparate istituzioni, ma la cifra si aggirerebbe intorno ai 12 milioni…
La tragica morte per avvelenamento di alcuni esemplari di orso marsicano nel
Parco nazionale d’Abruzzo ha portato alla ribalta la questione dei
finanziamenti ottenuti per lo studio e la salvaguardia di questo plantigrado:
soldi, a quanto pare, spesi solo in una direzione. Secondo quanto riferito dal
quotidiano La Repubblica, non è facile quantificare le risorse erogate negli
ultimi anni dalle più disparate istituzioni, ma la cifra si aggirerebbe intorno
ai 12 milioni di euro. Soldi che, per la maggior parte, sarebbero stati spesi
per lo studio e il monitoraggio dell’orso, mai per rafforzare la vigilanza,
l’azione di contrasto al bracconaggio e l’ottimizzazione del sistema degli
indennizzi per non alienarsi l’appggio di contadini e allevatori soggetti alle
scorribande di questi animali. «Ormai degli orsi sappiamo davvero tutto da un
punto di vista comportamentale e biologico, conosciamo tutto di questo grande
malato, ma il malato muore», ha dichiarato Antonio Nicoletti, coordinatore
nazionale aree protette e territorio di Legambiente. «Risorse», aggiunge,
«negli ultimi anni ci sono state, ma resta il problema della sorveglianza: chi
avrebbe dovuto ha fatto davvero tutto? La direzione del Parco ora deve fare
chiarezza su quello che è successo». La dinamica del ritrovamento delle
carcasse e il fatto che gli animali malgrado il collare satellitare siano stati
persi di vista per così tanto tempo fa pensare che forse c’erano dei margini
per evitare il peggio che non sono stati sfruttati. E una conferma che qualcosa
si andato storto arriva anche dalla rimozione, avvenuta all’indomani della
divulgazione della notizia, dell’addetta stampa del parco. Per il direttore del
Parco, Aldo Di Benedetto, si è trattato di “un normale avvicendamento da un
ufficio a un altro”, ma la diretta interessata non la pensa così e ha
presentato un esposto ai Carabinieri di Pescasseroli per comportamento
antisindacale dell’ente, affermando di essere stata rimossa per una presunta
fughe di notizie. Difficile, del resto, pensare che l’organizzazione del Parco
possa essere ottimale dopo la travagliata storia degli ultimi anni. L’attuale
direttore, Aldo Di Benedetto, è in carica dopo un lungo periodo di
commissariamento seguito a una ingarbugliata vicenda giudiziaria. Al termine di
un lungo braccio di ferro a colpi di carta bollata e in una situazione di grave
dissesto finanziario, i due dirigenti storici del parco Franco Tassi e Fulco
Pratesi sono stati costretti a farsi da parte. A questo va poi aggiunta una
politica di finanziamenti da parte dell’ex ministro dell’Ambiente Altero
Matteoli quanto meno discutibile. Nel frattempo, Arcicaccia, Urca, Legambiente
e Cia stanno organizzando un sistema di squadre cinofile per l’individuazione
di esche avvelenate, sul modello di quanto già realizzato in Andalusia.