Testo e foto di Nicola Bandini
Erede diretto del revolver automatico Webley-Fosbery, il Mateba Autorevolver rompe in modo deciso con le architetture classiche delle armi a rotazione. Dai più vecchi progetti Mateba ha ereditato la posizione della canna, corrispondente alla camera del tamburo più bassa invece che, come avviene nella totalità dei revolver, a quella più alta.
Questo consente di avere una distanza particolarmente ridotta tra l'asse della canna e l'asse della mano del tiratore, garantendo il minimo rilevamento e la massima stabilità in punteria.
La canna è costituita da un tubo centrale in acciaio, inserito in un manicotto in Ergal che supporta il mirino (regolabile in altezza e derivazione) e gli attacchi per l'ottica. Con un attrezzo fornito in dotazione, è possibile smontare la canna in pochi secondi e sostituirla con un'altra, di lunghezza differente.
Sono catalogate le lunghezze di 3, 4, 6 e 8 pollici.
La meccanica è il pezzo forte dell'arma. Il telaio si compone di due insiemi principali: l'impugnatura e il castello. Quest'ultimo scorre su una guida dell'impugnatura ed è mantenuto in posizione avanzata da una robusta molla di recupero. Il tamburo, della capacità di sei colpi, è ribaltabile sul lato sinistro dell'arma, ed è vincolato al fusto tramite il classico giogo.
Il bloccaggio in chiusura è assicurato da un robusto pistoncino che protrude dal centro della stella di rotazione. Lo sblocco è comandato dall'abbassamento di una coppia di levette (una per lato), poste appena sotto la tacca di mira.
Il funzionamento del Mateba Autorevolver è particolare: diversamente dal Webley-Fosbery, che effettuava metà rotazione del tamburo durante l'arretramento del telaio e l'altra metà durante la fase di avanzamento, quando il complesso canna-tamburo dell'Autorevolver arretra non succede assolutamente niente.
È il solo movimento di avanzamento a provocare la completa rotazione del tamburo di un sesto di giro.
In questo modo, si ottengono due vantaggi: prima di tutto, la corsa retrograda del complesso superiore è straordinariamente limitata (16 mm) e, secondariamente, la rotazione del tamburo non è influenzata dalla maggiore o minore forza di rinculo, ma solo dalla forza della molla di recupero, che è costante. In questo modo l'affidabilità è totale e la meccanica risulta molto meno stressata (tanto è vero che sono stati realizzati Autorevolver in .44 magnum e .454 Casull). Il sistema di scatto è convenzionale, ad azione mista. Il cane esterno ha una grossa vite piantanta al centro della cresta che serve per la regolazione dello sforzo di trazione.
Come si può osservare, il tamburo è perfettamente liscio, mancano cioé le fresature emilunari entro le quali, nei revolver convenzionali, si va a inserire il piolo che tiene bloccato il tamburo sotto sparo.
Per evidenti motivi meccanici, le tacche di blocco sono ora praticate nella faccia posteriore del tamburo, tra un fondello e l'altro. In tal modo, il fissaggio del tamburo sotto sparo è assicurato in ogni fase del movimento del telaio e si evita di asportare materiale in corrispondenza del fianco delle camere di scoppio.
Un sistema di bloccaggio analogo era stato utilizzato dai revolver Colt Lightning calibro .38 Long e Thunderer calibro .41, oltre un secolo fa. I due Colt, però, non erano dotati di tamburo ribaltabile.
La prova completa è stata pubblicata su Armi e Tiro – febbraio 1997
Modello: Autorevolver 6
Tipo: revolver semiautomatico ad azione mista
Calibro: .357 magnum/.38 special
Canna: intercambiabile, lunghezze disponibili 78, 89, 127, 153 e 209 mm
Sistema di percussione: percussore a grano riportato, cane esterno
Alimentazione: tamburo ribaltabile, capacità sei colpi
Espulsione: simultanea, manuale
Congegni di mira: mirino regolabile in altezza e derivazione, tacca fissa
Materiali: fusto in acciaio C40, tamburo in acciaio 38NcD4, canna in acciaio Canons delcour, manicotto esterno in Ergal
Peso: 1.430 grammi carico
Lunghezza totale: 275 mm (con canna di 153 mm)
Finitura: brunita lucida
Numero del Catalogo nazionale: 10.084