Foto Matteo Galuzzi
Emile e Léon Nagant erano due fratelli: nel 1859, fondarono a Liegi una fabbrica di parti meccaniche, denominata Fabrique d’armes Emile et Léon Nagant. Già dall’anno successivo, però, si orientarono verso la produzione di armi e, nel volgere di pochi anni, riuscirono a conquistarsi una solida fama. La prima importante affermazione in campo internazionale si ebbe nel 1867, con l’accordo per la produzione su licenza della carabina monocolpo rolling block di Remington. L’azienda belga mise a segno un contratto di 5.000 fucili per lo Stato pontificio. Dieci anni più tardi, fu messa a punto una pistola a due canne sul sistema a blocco rotante Remington, che fu adottata su scala limitata dalla gendarmeria belga.
Nel 1878, fu sviluppato un revolver con scatto ad Azione mista che, con successive modifiche e perfezionamenti, rappresentò il vero successo dell’azienda: fu, infatti, adottato in vari calibri e allestimenti dalle forze armate di Belgio (in calibro 9,4 mm), Svezia, Norvegia, Serbia (per tutte e tre in 7,5 mm), Brasile e Argentina (per entrambe in .44).
Nel 1888, le autorità della Russia zarista contattarono la Nagant per la messa a punto di un fucile a ripetizione che potesse sostituire gli obsolescenti Berdan: il risultato, noto a tutti, fu il fucile Mosin Nagant, adottato nel 1891. Evidentemente, le autorità russe rimasero in ottimi rapporti con i fratelli Nagant, tanto che pochi anni più tardi si rivolsero a loro per trovare un più moderno sostituto al revolver d’ordinanza Smith & Wesson calibro .44.
Nel 1895, fu approvato il revolver Nagant in calibro 7,62x38R e da qui comincia la nostra storia.
Il revolver Nagant 1895 ricalca, per molti versi, le armi da fianco tipiche dell’epoca: telaio chiuso, tamburo non ribaltabile, caricamento mediante sportellino laterale ed estrazione a bacchetta.
Si differenzia, invece, per un aspetto più unico che raro, ovvero la tenuta di gas. In un revolver convenzionale, infatti, esiste necessariamente un piccolo spazio tra la faccia anteriore del tamburo e il cono di forzamento, per consentire la rotazione del cilindro. All’atto dello sparo, però, una parte dei gas sviluppati dalla carica filtra attraverso questo spazio e si disperde, senza quindi contribuire a spingere il proiettile. Per evitare questa perdita, il Nagant e la sua cartuccia sono del tutto particolari. Il tamburo, innanzi tutto, può spostarsi per alcuni millimetri in avanti sul proprio asse: quando il cane è abbattuto, il tamburo è mantenuto in posizione arretrata da una molla a spirale avvolta intorno all’asse, che spinge una boccola la quale, a sua volta, contrasta con l’estremità anteriore del telaio. Armando il cane, si provoca la rotazione del tamburo e, dallo scudo posteriore di rinculo, viene spinto in avanti un blocchetto prismatico che, premendo sul fondello della cartuccia, obbliga il tamburo a spostarsi in avanti, finché l’estremità anteriore della camera non combacia con il cono di forzamento. A questo punto, entra in gioco la cartuccia: quest’ultima, infatti, ha un bossolo lungo più della camera, sporgendo dalla parte anteriore per circa 1 mm. Il proiettile è completamente affondato all’interno del bossolo e il colletto è crimpato al di sopra della palla.
L’avanzamento del tamburo, in pratica, fa inserire l’estremità anteriore del colletto all’interno del cono di forzamento: la crimpatura, quindi, non ha tanto lo scopo di trattenere la palla, quanto di evitare che, nella fase di avanzamento del tamburo, il colletto urti contro il bordo del cono di forzamento senza riuscire a entrare. All’atto dello sparo, il passaggio della pallottola e la dilatazione dei gas di sparo fanno aderire le pareti del colletto al cono di forzamento, sigillando lo spazio esistente tra quest’ultimo e la camera di cartuccia.
In questo modo, non vi sono perdite di gas e la spinta esercitata sulla palla è massima. Questo sistema ha anche la conseguenza secondaria di rendere possibile l’applicazione di un silenziatore al revolver. In realtà, il Nagant non è l’unico revolver a tenuta di gas, né il primo. Sembra che il brevetto sia opera di un altro inventore belga, Henri Pieper, che aveva realizzato una cartuccia calibro 8 mm e un revolver prodotto dalla Steyr in piccola serie nel 1893. Fu anche realizzata una versione carabina, che ottenne un’effimera commessa militare da parte del Messico.
Rilasciando il grilletto, dopo lo sparo, il tamburo viene sospinto nuovamente all’indietro e, pertanto, il colletto del bossolo viene sfilato dal cono di forzamento, per consentire una nuova rotazione del tamburo (della capacità di sette colpi).
A parte questa peculiarità, la meccanica è convenzionale: cane esterno, Azione mista, molla cinetica a “V” con il rebbio superiore che spinge il cane, mentre quello inferiore provvede al ritorno del grilletto.
L’arma è provvista di una sicura automatica, costituita da una sbarretta che si interpone tra il cane e il fusto, impedendo la percussione se il grilletto non è completamente premuto. In posizione di riposo, quindi, il cane risulta leggermente staccato dal fusto e, quindi, il percussore non può fisicamente raggiungere l’innesco, neppure in seguito a una caduta violenta.
La meccanica è protetta da una cartella laterale posta sul lato sinistro, facilmente smontabile svitando una vite posta sul lato destro.
L’impugnatura è in legno ed è costituita da due guancette zigrinate in legno, più un backstrap centrale, sempre in legno. Sul finire della produzione, le guancette e il backstrap furono realizzati più spesso in materiale sintetico di color vinaccia.
Nel corso della produzione, l’arma non subì particolari stravolgimenti: è doveroso segnalare, però, qualche piccola variante, tra le quali spicca quella dotata di scatto in sola Singola azione. Sembra che questa differenza sia stata richiesta dalle autorità militari zariste, le quali ritenevano che solo gli ufficiali avessero un sufficiente grado di addestramento per eseguire un preciso tiro in Doppia azione, mentre i sottufficiali, con un tale scatto, presi dal panico avrebbero potuto scaricare l’arma a casaccio. La necessità di armare il cane per ogni colpo, invece, avrebbe teoricamente spinto a meditare di più il tiro. Questa è una vecchia leggenda, fatto sta che fino alla rivoluzione d’ottobre la produzione di Nagant in Singola azione proseguì di pari passo con quella dei modelli ad Azione mista. Dopo la fondazione dell’Unione sovietica, la produzione della variante “per sottufficiale” fu praticamente azzerata, o quasi.
Un’altra variante piuttosto rara è quella destinanta alle forze di polizia, dotata di canna e impugnatura più corte. Sono state anche sviluppate versioni agonistiche (anche in calibro .22), con canna più lunga e mire regolabili. I primi lotti furono prodotti direttamente in Belgio, dalla Nagant: le armi di questo tipo portano sulla cartella la scritta “L. Nagant – Breveté – Liege”.
Si ritiene che le armi costruite fuori dalla Russia siano circa 20.000, anche se i revolver esaminati hanno matricole fino a 31.000.
Nel 1898, l’arsenale di Tula completò il programma di organizzazione e fu in grado di produrre proprio quest’arma. In generale, le armi prodotte a Tula durante il periodo zarista hanno sulla cartella un cartiglio ovale con diverse parole in cirillico, che grosso modo stanno a significare “Fabbrica d’armi di Pietro il grande”. Dopo la rivoluzione, la denominazione ovviamente fu cambiata e sulle armi si ritrovano diverse sigle, che vanno da “Cccp” a una stella con inscritta una freccia, oppure uno scettro, oppure un martello, oppure una “T”.
L’arsenale di Tula fu il principale produttore, ma l’arma fu prodotta anche dall’arsenale di Izhevsk, nel critico periodo tra il 1943 e il 1945. Le armi prodotte a Izhevsk sono contraddistinte da un punzone raffigurante un cerchio con inscritto un triangolo contenente, a sua volta, una freccia.
La produzione complessiva fu consistente e superò, molto probabilmente, il milione di pezzi. Il Nagant fu prodotto per breve tempo anche in Polonia: i polacchi, infatti, adottarono il revolver nel 1930. La produzione fu eseguita all’arsenale di Radom, utilizzando i macchinari dismessi dalla Nagant. Sulla cartella di queste armi, si legge “F.B. Radom – Ng30”.
Oltre a questi marchi, sull’arma possono essere riportati altri punzoni, con differenti significati: per esempio, se sull’arma sono presenti le iniziali “M.O.”, con una o due date, significa che l’arma è stata data in dotazione al ministero della difesa sovietico. Un punzone circolare con inscritta la lettera “K” sta a significare, invece, che l’arma ha superato la prova a fuoco mostrando una precisione accettabile. Può capitare, infine, di riscontrare un punzone di forma triangolare, con inscritti i numeri “1”, “2” oppure “3”. In tal caso, il punzone testimonia il passaggio dell’arma alle forze armate della Ddr, negli anni Cinquanta.
Vi sono, poi, una miriade di altri marchi relativi all’accettazione militare, al ricondizionamento e così via.
Gli organi di mira sono spartani: la tacca è fissa, a “U”, ricavata per fresatura sul top strap. Il mirino è innestato a coda di rondine e, quindi, ha una modesta possibilità di regolazione in derivazione. La lama del mirino è sottile e di difficile acquisizione.
Gli esemplari di produzione Nagant erano dotati di una sorta di mirino Patridge, squadrato nella parte posteriore e semicircolare nella parte anteriore.
Con la produzione russa, fu realizzato un mirino semplificato di forma semicircolare, modificato in seguito con il profilo visibile nell’esemplare in prova.
Lo scatto è sicuramente influenzato dal particolare sistema di funzionamento: fatto sta che il peso della Doppia azione supera i 5.000 grammi e il peso della Singola azione arrivia a 3.000 grammi.
La corsa del grilletto è fluida e relativamente pulita, ma evidentemente il tiro meditato richiede una certa concentrazione.
Il nostro test a fuoco aveva un duplice scopo: da un lato, come sempre, verificare la precisione e il comportamento allo sparo dell’arma, dall’altro appurare se e in quale misura la “tenuta di gas” influisse sulla velocità del proiettile.
Per avere un riscontro, abbiamo impiegato per prime le uniche munizioni commerciali esistenti, di produzione Fiocchi. Queste sono dotate di una palla Fmj a punta piatta di 98 grs e, secondo il fabbricante, in canna di 175 mm forniscono una velocità di 330 m/sec.
Nella canna di soli 110 mm del nostro Nagant, hanno comunque fornito la rispettabile velocità di 317,4 m/sec, con conseguente energia di 32,6 kgm. Considerate le condizioni dello scatto e degli organi di mira, abbiamo rinunciato alla prova a 25 metri, a favore di quella a 15 metri: a tale distanza, siamo riusciti a piazzare sei colpi in 30 mm di diametro, in Singola azione.
Gli organi di mira sono risultati giusti sul piano verticale, mentre sul piano orizzontale l’arma tira a sinistra di circa 150 mm a 15 metri.
Per la prova di tenuta di gas, abbiamo allestito due “lotti” di cartucce, entrambi con palla wad cutter di 100 grs (nata per il .32 S.&W.) e 2,7 grani di polvere Norma R1. Il primo lotto è stato allestito con i bossoli calibro 7,62 mm Nagant prodotti dall’australiana Bertram bullet, il secondo lotto è stato, invece, allestito con bossoli calibro .32-20 Winchester. Questo perché i bossoli di tale calibro sono praticamente identici a quelli del 7,62 mm Nagant ma, essendo più corti di diversi millimetri, non possono sigillare la fessura tra canna e tamburo. Dopo aver verificato l’equivalenza del boiling room interno, abbiamo allestito le cartucce mantenendo la medesima altezza totale della palla (che, quindi, nei bossoli 7,62 mm è affondata all’interno del bossolo, nei .32-20 è risultata a filo dell’orlo). L’unica accortezza è stata quella di assottigliare leggermente lo spessore del fondello dei .32-20 (il diametro era già perfetto) perché con il bossolo non tornito il blocchetto prismatico non riusciva a spingere completamente in avanti il tamburo, bloccando il meccanismo.
Con i bossoli 7,62 mm, la velocità media è stata di 285,6 m/sec, mentre con i bossoli .32-20 è stata di “soli” 261,6 m/sec. In pratica, una differenza in difetto di 24 m/sec: ad alcuni possono sembrare tanti, ad altri potrà sembrare un divario trascurabile. Ai posteri l’ardua sentenza.
Con queste cartucce, la rosata di cinque colpi a 15 metri misura 50 mm. L’arma non ha avuto alcun tipo di problema a digerire le cartucce senza tenuta di gas: l’unico segno rivelatore è un anello di residui carboniosi depositato all’estremità anteriore di ciascuna camera e un maggior accumulo di sporcizia intorno al cono di forzamento, niente che non si possa risolvere con un po’ di olio e uno scovolo.
Le reazioni allo sparo non sono violente, ma il rilevamento è piuttosto secco: poiché il backstrap in legno è zigrinato a cuspidi vive, dopo un paio di colpi sul palmo della mano risulta “stampata” la texture della zigrinatura e, se la sessione di tiro si prolunga, la sensazione comincia a diventare sgradevole.
A parte questo, il revolver ha un funzionamento regolare, a patto di crimpare leggermente le ricariche “a tenuta di gas” per evitare che l’orlo del colletto sbatta contro il cono di forzamento senza entrarvi. Nessun problema, invece, per le .32-20, che non sporgono affatto dal tamburo.
Un cenno merita l’espulsore a bacchetta che, in posizione di riposo, alloggia all’interno dell’asse del tamburo: piccolo e lungo appena a sufficienza, è di utilizzo particolarmente scomodo: per fortuna, i bossoli sporgono dalla parte anteriore del tamburo e, spingendoli all’indietro con un dito, scivolano da soli fuori dalla camera.
Il revolver Nagant 1895 è appetibile per il collezionista sia dal punto di vista storico (si dice che proprio con un’arma come questa sia stata sterminata la famiglia dello Zar, nel 1918), sia dal punto di vista progettuale, essendo l’unico revolver a tenuta di gas prodotto su larga scala.
Reperibile con facilità a prezzi più che abbordabili (mediamente 350 euro per un esemplare in buono stato del periodo sovietico), può anche regalare qualche soddisfazione in poligono, a patto di fare l’abitudine allo scatto.
L'articolo completo è stato pubblicato su Armi e Tiro – giugno 2004
Produttore: Nagant, arsenali russi di Tula e Izhevsk, arsenale polacco di RadomImportatore: Euroarms Italia srl, via Europa 174/C, 25062 Concesio (Bs), tel. 03.02.75.17.25, fax 03.02.18.03.65, www.euroarms.net, info@euroarms.net
Modello: Nagant 1895
Tipo: pistola a rotazione
Calibro: 7,62 mm Nagant
Funzionamento: a rotazione del tamburo
Alimentazione: tamburo non ribaltabile
Numero colpi: 7
Lunghezza canna: 110 mm
Lunghezza totale: 230 mm
Sicura: automatica al cane
Mire: tacca di mira fissa, mirino a lama innestato a coda di rondine
Peso: 750 grammi circa
Materiali: acciaio al carbonio, guancette in legno o materiale sintetico
Finiture: brunitura nera opaca
Numero del Catalogo nazionale: 2.790 (arma comune)