Prosegue, anzi si intensifica l’acquisto compulsivo di armi negli Stati Uniti, principalmente pistole e revolver. Alla base ci sono differenti motivazioni…
Otto milioni e mezzo di armi vendute tra marzo e luglio: un record assoluto per gli Stati Uniti che, comunque, sono sempre stati il mercato di riferimento per la vendita di armi per la caccia, lo sport e la difesa personale, dando credito alle statistiche che accreditano la federazione come il Paese in cui circola tra i cittadini il maggior numero di armi pro capite al mondo. Rispetto allo stesso periodo del 2019 l’incremento delle vendite è stato, secondo quanto riportato dalla National shooting sports foundation, del 94 per cento e nel solo mese di luglio, con oltre 2 milioni di armi vendute, l’incremento è stato del 136 per cento rispetto al luglio 2019. Secondo l’Fbi, che gestisce il sistema di autorizzazione preventiva all’acquisto (Background check), ben otto settimane nel periodo marzo-luglio risultano nella top ten delle settimane con le maggiori vendite di armi da quando esiste il database, cioè dal 1998.
Sempre secondo i dati diffusi dall’Nssf, ben il 40 per cento degli acquirenti di armi nel periodo considerato marzo-luglio non aveva mai acquistato armi in precedenza, il che è un altro record. Relativamente ai tipi di armi acquistati, nonostante la ultradecennale battaglia dei democratici sulla diffusione dei cosiddetti “fucili d’assalto”, in realtà il 99 per cento delle armi acquistate in questo periodo sono state armi corte (semiauto e revolver), quindi con spiccata destinazione alla difesa personale più che alla caccia o al tiro sportivo e ricreativo.
Alcuni motivi per i quali gli americani si stanno letteralmente “buttando” a comprare armi sono intuitivi, altri forse meno. Innanzi tutto, un incremento nell’acquisto di armi è fisiologico negli anni in cui si svolgono le elezioni presidenziali (qual è appunto il 2020), per il timore che il nuovo presidente introduca o consenta l’introduzione di normative più restrittive sull’acquisto o il possesso. A questo ovviamente si sono aggiunti i timori collegati alla pandemia di Coronavirus e i disordini sociali del movimento Black lives matter. Quindi, la spinta principale è il bisogno di sicurezza.
Già prima della pandemia e delle manifestazioni, però, gli studiosi avevano già determinato che per gli americani l’acquisto di armi è una modalità per ribadire, a livello psicologico, la propria indipendenza. Logico quindi che con le limitazioni collegate a una pandemia, si accresca il bisogno di ribadire la propria indipendenza rispetto a uno Stato che si rende, inevitabilmente, più invasivo sulle vite dei cittadini. Questa è una delle spinte che hanno contribuito a determinare l’acquisto di armi da parte di chi non le possedeva prima, mentre nei confronti di coloro i quali erano già possessori di armi, l’acquisto di una nuova arma va visto nell’ottica di una rassicurazione psicologica, una ricerca di una percezione di “normalità” in tempi anomali. Secondo gli studiosi, uno dei fattori motivanti l’acquisto di un’arma in questa congiuntura è anche la ricerca di inserimento in una comunità, un gruppo, qual è quello dei possessori di armi, la ricerca quindi di un link sociale con cittadini caratterizzati da un comune sentire.