Molti appassionati hanno sentito parlare delle munizioni “+P”, specialmente nell’ambito dei più diffusi calibri per la difesa personale. Si tratta di munizioni concepite e diffuse negli Stati Uniti, delle quali inevitabilmente ci si intrattiene anche qui da noi nel Vecchio continente, più che altro a livello teorico-speculativo e, in particolare, nel momento in cui qualcuno si accinge a effettuare una ricarica di tipo “creativo” delle proprie cartucce. Ma cosa sono? Ed è possibile usufruirne in Italia?
Una storia ormai lunga
Quella delle munizioni “+P” è in effetti una storia ormai lunga quasi un secolo ed è una storia tipicamente americana. L’inizio della saga delle munizioni “+P” si suole far risalire al 1929, anno in cui fu realizzato il .38 super auto, cartuccia semi rimmed per pistola semiautomatica creata mantenendo le medesime dimensioni del bossolo e della cartuccia finita della vecchia .38 Colt auto (risalente al 1900), con però una carica di polvere superiore, tale da garantire prestazioni velocitarie ed energetiche molto più spiccate. Il vecchio .38 Colt auto era in grado di sparare una palla di 130 grani a circa 320 m/sec, il .38 super riusciva a sparare la stessa palla a 390 m/sec, con una energia di circa 70 kgm. In quel momento era la cartuccia per pistola più potente al mondo e fu battuta solo, di stretta misura, dal .357 magnum nel 1935. Ovviamente le leggi della fisica non si possono ingannare, quindi questi risultati furono raggiunti a prezzo di una pressione di esercizio molto superiore, tale da renderne pericoloso l’impiego in armi camerate per il vecchio .38 Colt auto. Appena l’anno successivo, fu realizzato un analogo progetto per la più diffusa cartuccia per revolver, il .38 special, dando vita a una versione potenziata ad alta velocità, destinata a essere sparata in armi con telaio di tipo large, che fu battezzata .38-44 Hv. In entrambi i casi si trattava di cartucce destinate a essere sparate in armi specifiche, di nuova costruzione, che sarebbe stato pericoloso sparare in armi di vecchia costruzione. In tempi a noi più recenti, cioè a partire dagli anni Settanta in avanti, si è cominciato a diffondere il concetto attuale di munizioni +P, partendo sempre dal .38 special, al quale sono stati affiancati nel tempo il 9 mm +P e il .45 acp +P. Si tratta di cartucce che hanno una specifica omologazione da parte del Saami (Sporting arms and ammunition manufacturer’s institute), l’organismo statunitense incaricato della standardizzazione industriale, la quale risulta più alta in termini di pressioni di esercizio rispetto al calibro “base”, ma comunque ancora più bassa rispetto alla pressione della cartuccia per prova forzata del calibro “base”. In altre parole, se la pressione della prova forzata è il 30 per cento in più rispetto alla pressione media, il caricamento +P è situato, a seconda del calibro, tra il 10 e il 15 per cento più in alto. Così, per esempio, nel .38 special la pressione di esercizio è 17.500 psi, la versione +P ha una pressione di 20.000 psi; per il 9 mm il rapporto è tra 35.000 e 38.500 psi, per il .45 acp tra 21.000 e 23.000 psi. La conseguenza è che questo rende possibile sparare una cartuccia +P in un’arma destinata a sparare munizioni tradizionali, senza provocare danni irreparabili. Per il .38 special, alcuni produttori hanno messo a punto un caricamento ancor più spinto, denominato “+P+”, che comporta pressioni e prestazioni ancora superiori rispetto al semplice +P, ormai piuttosto vicine a quelle della cartuccia per prova forzata. Queste versioni “+P+”, tuttavia, non hanno una omologazione Saami. In linea di principio, sparare uno o due colpi +P è sicuro in qualsiasi arma standard, ma un impiego intensivo di queste munizioni può risultare in una usura molto veloce dell’arma, se non sia specificamente strutturata per resistere a queste cartucce. Per sapere se la propria arma possa sopportare o meno una dieta continuata di +P è opportuno leggere il libretto di istruzioni che, normalmente, riporta precise indicazioni al riguardo.
E in Europa?
L’aspetto forse più paradossale delle discussioni che periodicamente si scatenano sui social italiani sulle munizioni +P e la loro presunta maggiore o minore sicurezza d’uso nelle armi moderne, è che in Italia le munizioni +P non si potranno mai vedere. Questo perché l’Italia, e in generale i Paesi che aderiscono alla Cip (Commissione internazionale permanente per la prova delle armi da fuoco portatili), ha un sistema di omologazione dei calibri che è abbastanza differente rispetto al concetto Saami. In particolare, salve pochissime eccezioni, la Cip non prevede che sia possibile omologare munizioni dimensionalmente identiche, funzionanti però con pressioni tra loro differenti, e ciò per evidenti ragioni di sicurezza. Una delle eccezioni previste è per esempio costituita dal .38 special, che prevede la variante .38 wad cutter con pressioni di esercizio più basse. In quel caso, però, il bossolo è identico, ma la cartuccia nel suo complesso non lo è, e le armi camerate per il .38 special wad cutter, che lavora a pressioni più basse (pensiamo alle semiauto per il tiro sportivo, come la S&W 52), non possono funzionare con il .38 special normale (mentre ovviamente è possibile il contrario). Al di là di questo specifico aspetto, per poter essere accettata in vendita nelle armerie italiane, una cartuccia .38 special di qualsiasi provenienza (americana, europea eccetera) deve rispettare i limiti pressori previsti dalla Cip per quel calibro. Se li supera, non può essere commercializzata.
L’approfondimento sul numero di aprile 2021 di Armi e Tiro!