Il governo sudafricano sta mettendo a punto una legge che proibirà gli allevamenti di leoni finalizzati alla caccia. Stiamo parlando dei cosidetti “canned lion”, ovvero animali allevati che poi vengono introdotti in grandissime estensioni (cintate) per essere poi utilizzati in safari “brevi” nei quali, naturalmente, l’abbattimento è quasi assicurato sapendo bene dove cercarli e dove avvicinarli. I prezzi di questi safari sono notevolmente inferiori rispetto a quelli che prevedono la caccia a leoni veramente selvatici. La questione era dibattuta da molto tempo su diverse riviste di caccia, africane e non. Soprattutto, lo stesso concetto dei “canned lion” è stato sempre molto osteggiato dagli animalisti, ma anche dai puristi di questo tipo di caccia. Il parallelo immediato è con l’Europa, dove in grandi riserve, o a volte anche piccole, si allevano, nutrono, sorvegliano e poi abbattono animali per caccia. C’è tuttavia da considerare anche il fatto che le obiezioni animaliste non tengono in considerazione che chi si accontenta di tale, diciamo, surrogato di safari, evita di incidere su una specie che già è in criticità. Non certo per la caccia legale, come più volte dimostrato, ma per la perdita degli habitat, del bracconaggio e dagli avvelenamenti che avvengono in luoghi dove, proprio per la proibizione della caccia legale, la popolazione del luogo non riconosce a questi animali alcun valore. Secondo un documento del Wwf, nell’ultimo secolo la popolazione selvatica di leoni in Africa è calata del 90 per cento, da una consistenza di oltre 200 mila esemplari a meno di 20 mila. Il calo più repentino, pari al 43 per cento, si è verificato tra il 1993 e il 2014 e si stima che, in assenza di programmi di gestione rigorosi, si verificherà un ulteriore calo del 50 per cento della consistenza della specie nei prossimi vent’anni.
Il ministro sudafricano per l’ambiente e la fauna, Barbara Creecy, ha dichiarato l’intenzione di porre fine all’allevamento e alla domesticazione degli animali come leoni, ma anche elefanti, rinoceronti e leopardi. Naturalmente la proposta si scontrerà con la federazione degli allevatori, che respingono tale provvedimento. In effetti, l’allevamento di queste specie rare è proprio la misura che ne ha consentito la sopravvivenza in determinate località, una fra tutte i rinoceronti, che sono stati sterminati ovunque dal bracconaggio. Solo il Sudafrica ha permesso, con tale metodo, la proliferazione e la sopravvivenza di tale specie. Al di là della quota destinata alla caccia, l’allevamento è poi servito anche al ripopolamento in altri Stati. L’aspetto più paradossale è che la ministro Creecy non intende mettere in discussione la caccia su questi animali selvatici, anzi ha ribadito che la caccia deve essere esercitata soltanto su questi ultimi, esaltandone il valore ambientale ed economico (perché le tasse di abbattimento portano grossi introiti allo Stato).