Il caricatore bifilare, in una pistola semiautomatica, è sinonimo di alta capacità di fuoco ed è ormai una costante nelle pistole per impiego militare, tiro sportivo o difesa personale di formato full size o compact. Fino all’incirca agli anni Settanta del XX secolo, tuttavia, la sua diffusione era molto limitata ed è stato solo in quegli anni, con la diffusione delle prime pistole semiautomatiche cosiddette “wondernine” (“fantastiche 9 mm”, termine statunitense con il quale si intendono appunto moderne semiauto in 9×19 con caricatore bifilare e alta capacità di fuoco), che il bifilare si è definitivamente imposto sul caricatore monofilare, fino ad allora considerato normale per le armi destinate anche all’impiego militare. Ma chi l’ha inventato? E quando?
Il bifilare è nato…
In realtà l’aspetto più paradossale è che il caricatore bifilare (o meglio, il serbatoio fisso, ma bifilare) è stato utilizzato per la prima volta all’alba dello sviluppo delle armi semiautomatiche, ovvero con la Mauser C96, prodotta a partire dal 1896 dalla celeberrima azienda tedesca. Poiché l’arma aveva caratteristiche ibride tra un’arma corta e una carabina, i tecnici Mauser hanno pensato di dotarla dello stesso tipo di serbatoio bifilare che già veniva utilizzato sulle carabine della stessa azienda, a partire dal 1893 circa (sotto).
Ciò avrebbe consentito di disporre di una notevole riserva di fuoco (10 colpi, ma esistono anche versioni da 20 colpi) senza incidere eccessivamente sull’altezza del sistema di alimentazione collocato, come è noto, davanti al grilletto e non all’interno del calcio come diventerà poi normale. Nel caso della C96 il sistema di alimentazione era fisso nell’arma, rifornibile dall’alto mediante lastrine usa e getta, ma furono in seguito sviluppate anche versioni dotate di caricatore amovibile (come il modello 1932 a raffica).
Se parliamo di un caricatore bifilare più simile a quello che conosciamo oggi, quindi da inserire nell’impugnatura dell’arma, il suo “vero” inventore è generalmente riconosciuto in Dieudonné Saive, il progettista artefice di una delle più leggendarie semiauto di tutti i tempi, la Browning Hp35 (sotto). Quella fu in assoluto la prima “wondernine” e in tal caso il caricatore bifilare conteneva 13 cartucce.
Presentazione singola, presentazione alternata
I caricatori bifilari per pistola semiautomatica si possono suddividere sostanzialmente in due grandi categorie: quelli a presentazione alternata (a destra nella foto), e quelli a presentazione singola (sinistra nella foto). In entrambi i casi, le cartucce contenute all’interno sono disposte su due file alternate (altrimenti che bifilare sarebbe?), ma nel caso del bifilare a presentazione alternata, le due file proseguono parallele fino ai labbri di alimentazione. Quindi, il caricatore presenta all’otturatore per l’alimentazione nella camera della canna, alternativamente la cartuccia sul labbro sinistro e poi sul labbro destro, poi ancora sul sinistro e così via. Nel caricatore a presentazione singola, invece, all’estremità superiore c’è un restringimento, che obbliga le due file a convergere diventando una fila unica.
Quali sono pregi e difetti? Il caricatore a presentazione alternata, a parità di dimensioni, consente di avere qualche cartuccia in più rispetto al caricatore a presentazione singola: non è un caso che proprio questo tipo di caricatore sia stato storicamente utilizzato nelle pistole dotate di capacità di tiro a raffica, come la H&K Vp70 (sotto, la versione civile Vp70Z) o la Steckin Aps.
Il caricatore a presentazione singola, per contro, è oggi pressoché l’unico utilizzato sulle pistole semiautomatiche perché consente innanzi tutto una alimentazione teoricamente più affidabile (la cartuccia è presentata perfettamente coassiale alla canna) e poi perché consente in fase di progettazione di contenere maggiormente la larghezza del carrello otturatore.
Metallo o polimero?
I caricatori bifilari per pistola semiautomatica (in particolare per quelle con fusto polimerico) possono essere realizzati in lamiera d’acciaio, in lamiera ricoperta di polimero o completamente in polimero. Qual è il vantaggio o lo svantaggio di un materiale rispetto all’altro? Il caricatore polimerico o in acciaio ricoperto di polimero, inaugurato da Glock con le sue semiautomatiche ormai celeberrime, ha il grande vantaggio rispetto a quello in acciaio di essere molto più resistente agli urti, con particolare riferimento a quelle ammaccature sul corpo o sui labbri che potrebbero comportare problemi di alimentazione. Per contro i caricatori in lamiera sono più sottili e consentono, di conseguenza, di avere fusti di minor spessore e maggiormente arrotondati nella parte frontale e posteriore, quindi più ergonomici.
Il “semi-bifilare”
Tra il caricatore monofilare (a sinistra) e il caricatore bifilare tradizionale (al centro), esiste anche la via di mezzo, che potremmo definire il “semi-bifilare” (a destra): si tratta di un caricatore nel quale le cartucce sono contenute sempre sfalsate, ma non così tanto come nel bifilare classico. È il classico uovo di Colombo, in questo modo è possibile contenere più cartucce rispetto a un caricatore monofilare, senza però gli ingombri di un caricatore bifilare. Questa soluzione è oggi, spesso, applicata alle pistole ultracompatte per difesa personale, come le Glock della serie slim line o la Sig P365.