Rispetto all’amnistia permanente avviata lo scorso luglio dalle autorità australiane, per la consegna senza sanzioni penali delle armi illegalmente detenute, nei giorni scorsi sono stati annunciati risultati abbastanza modesti: si parla di circa 10 mila esemplari consegnati in sei mesi, a fronte di una stima di oltre 260 mila armi presenti a livello clandestino in tutto il Paese. Per questo motivo, si è deciso di rafforzare il messaggio relativo alla consegna delle armi con una campagna della durata di tre mesi, che utilizzerà social media, pubblicità ed eventi nell’ambito delle comunità, ma soprattutto si parla apertamente di incentivare la delazione da parte di vicini di casa, famigliari e amici di persone che si sospetti possano avere un’arma da fuoco illegale. Gli organi di informazione locale parlano infatti apertamente di “dobbing campaign” (dob=spifferata, spiata).
In uno dei Paesi che ha una legislazione sulle armi legalmente detenute, quella dei crimini commessi con armi illegali pare essere comunque una piaga, se si considera che il presidente del servizio Crime stoppers Australia della polizia federale, Vince Hughes, ne ha parlato in termini di “effetti devastanti”: “abbiamo assistito alla tragica perdita di vite umane e alle gravi ferite che si verificano quando le persone chiudono un occhio e consentono alle armi da fuoco illegali di rimanere nella comunità”, ha affermato in una nota.
In effetti un annuncio di questo genere sembra sancire il sigillo definitivo sull’ammissione di una sostanziale incapacità di contrastare efficacemente il traffico e la detenzione illegale di armi da parte delle forze di polizia australiane, la soluzione proposta tra l’altro lascia senza risposta due quesiti piuttosto importanti, relativi cioè a cosa dovrebbe incentivare un parente o un amico di un illegale detentore di armi per convincerlo a tradirlo, se non l’ha fatto finora, e cosa di preciso possa essere fatto per poi difendere i delatori dall’eventuale vendetta dei denunciati…