La polemica sul massacro di Uvalde, in Texas, nel quale hanno trovato la morte 19 bambini e due adulti, commesso da un 18enne si sposta dalla questione relativa alla disponibilità di armi negli Usa, alle modalità di intervento della polizia per fermare la mano omicida. Nello specifico, è stato smentito che i poliziotti in servizio nel complesso scolastico abbiano ingaggiato l’attentatore al suo ingresso nell’edificio (come era stato inizialmente affermato) ma, soprattutto, si stanno diffondendo critiche (a partire dai genitori degli alunni, colpiti a morte e non) sull’operato delle forze dell’ordine intervenute per fermare la mano assassina. In particolare, desta sensazione il fatto che l’azione omicida sia iniziata, secondo le ricostruzioni, alle 11,28 del mattino con lo schianto della sua auto in un fosso adiacente alla scuola; l’ingresso vero e proprio nell’istituto sembra sia avvenuto alle 11,40 e l’azione di polizia è stata dichiarata conclusa, con l’uccisione del folle attentatore, alle 12,58. L’arrivo delle forze dell’ordine sul posto sembra sia avvenuto alle 11,44 ma, una volta appurato che l’attentatore era armato e in grado di rispondere al fuoco, gli agenti intervenuti hanno cercato copertura e chiamato i rinforzi. Nel frattempo, sempre secondo le informazioni attualmente disponibili, il folle si è chiuso in un complesso formato da due aule comunicanti e ha portato a termine la propria strage, uccidendo 21 persone e ferendone altre 17. Non è chiaro al momento se la porta dell’aula principale sia stata chiusa semplicemente con la serratura o se sia stata bloccata in altro modo, ma i genitori e l’opinione pubblica sono insorti per cercare di capire come sia possibile metterci quasi un’ora e mezza per buttare giù una porta, se di questo si sia trattato. Specialmente considerando che, dopo la strage di Columbine, i protocolli di risposta a questo tipo di scenari prevedano proprio come prioritaria la massima rapidità di intervento, visto che l’intera azione si conclude in una manciata di minuti se non addirittura di secondi.
Armare gli insegnanti
Torna alla ribalta anche il tema, da anni controverso, di incentivare ulteriormente l’iniziativa già in atto in Texas, relativa ad armare gli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, perché possano rispondere efficacemente e soprattutto tempestivamente nel caso di un mass shooting. A parlarne esplicitamente è stato il procuratore generale Ken Paxton, dichiarando: “Non possiamo impedire che i cattivi facciano cose cattive… possiamo però armare e preparare gli insegnanti e gli altri amministratori pubblici, perché possano reagire rapidamente. Questa, secondo me, è la miglior risposta”.
Questo approccio al problema dei mass shooting era stato, lo ricordiamo, caldeggiato in particolare dall’ex presidente Donald Trump e fortemente criticato per i rischi insiti nella possibilità che le armi in dotazione agli insegnanti potessero essere trovate e accidentalmente utilizzate dagli stessi studenti. Eppure, in un’altra strage recente, cioè quella di Parkland, la commissione istituita per studiare il tragico fatto ha esplicitamente riconosciuto che avere avuto nell’istituto insegnanti armati avrebbe fatto la differenza sul tragico bilancio.
Ancora una volta, sulla questione dei mass shooting sembra che sia i politici, sia i rappresentanti della pubblica opinione statunitense siano più impegnati in una rincorsa in termini di visibilità, demagogia e contrapposizione ideologica, piuttosto che cercare di affrontare tutti insieme il problema.