Costantino Vespasiano, presidente dell’Unione italiana Tiro a segno, ha pubblicato oggi sul sito dell’Uits un comunicato nel quale prende fermamente posizione in merito alle polemiche sul Tiro a segno e i giovani, scaturite da un articolo de La Stampa di qualche giorno fa e seguite da un codazzo di polemiche. Riceviamo e pubblichiamo:
“Il dibattito allargato sviluppatosi nelle ultime settimane sulla realtà del tiro a segno nazionale sta purtroppo generando una confusione rispetto alla quale l’organismo che presiedo – Unione Italiana Tiro a Segno, ente pubblico e federazione sportiva – non può rimanere silente.
Stimolata da differenti prese di posizione politiche sul tema, con le inevitabili strumentalizzazioni che ne sono derivate, la stampa sta in ogni modo cercando di portare chiarezza, sebbene gli interventi e i contributi di cui viene data evidenza palesino spesso una conoscenza incompleta della materia e del nostro mondo.
È probabilmente un prezzo che dobbiamo pagare, vista la complessità di far convivere due anime contrapposte al nostro interno, sapendo di essere ancora lontani da una soluzione certa, anche per via delle complessità normative con le quali ci misuriamo ogni giorno.
È tuttavia doveroso difendere fermamente la dimensione sportiva del tiro a segno e non soltanto perché si tratta di una disciplina olimpica che ha portato all’Italia tanti allori e soddisfazioni. Paradossalmente, quello che taluni dipingono come uno sport “pericoloso” e destabilizzante per un giovane, è in realtà una disciplina di alto valore formativo che esperti e testimoni autorevoli hanno nel tempo rappresentato compiutamente. L’ultimo in ordine di tempo, in un recente intervento su “La Repubblica”, è stato il nostro Niccolò Campriani, emblema del tiro a segno e dello sport olimpico in generale che, quale mio advisor, ne ha preventivamente condiviso con me il contenuto.
Quella di Campriani non è stata una difesa d’ufficio, e tanto meno vuole esserlo la mia. Esistono all’interno del nostro mondo problemi importanti e delicati che ancora attendono soluzioni, soprattutto nell’area dell’attività istituzionale. Ma è inaccettabile veder maltrattato lo sport del tiro a segno fino a dipingerlo come un luogo di addestramento, o peggio, laboratorio di ideologie estreme e comportamenti instabili. Questo è palesemente falso, e il nostro risentimento – sia chiaro – non ha nulla a che vedere con le posizioni pur discutibili che il dibattito politico sta generando, rispetto alle quali ci sforziamo a rimanere obbiettivi cercando di cogliere gli spunti che possono arrivarci da ogni voce.
Non è invece negoziabile il fatto che il valore formativo di uno sport come il tiro a segno sia una realtà disponibile agli occhi di chiunque voglia prenderne atto con obbiettività. Scandalizzarsi che il tiro a segno faccia parte da molti anni di programmi formativi nelle scuole dell’obbligo è figlio dei preconcetti. Prima bisognerebbe venire a conoscere il nostro mondo, toccare con mano ciò che questo sport riesce ad esprimere e la qualità etica e comportamentale delle persone che ne fanno parte, sebbene qui – come ovunque – possano esistere delle eccezioni.
Noi come Unione Italiana Tiro a Segno, al di là di ogni altra considerazione, abbiamo il dovere di maturare consapevolezze ed agire di conseguenza. La complessità della materia che ci è affidata richiede un confronto politico e istituzionale continuo: è quello di cui mi sto occupando in queste settimane incontrando tutte le maggiori autorità interessate alla materia, sia istituzionali che sportive.
Parallelamente, abbiamo il dovere di mantenere alta l’attenzione sul nostro mondo sviluppando una diversa capacità di comunicare: su questo punto, dobbiamo essere consci di essere rimasti indietro, e proprio le vicende di questi ultimi giorni e settimane dimostrano che non possiamo permettercelo. Saper riconoscere errori e limiti fa parte del nostro atteggiamento e modo di pensare: bisogna ripartire da qui, e migliorare in ciò che non funziona ancora come dovrebbe. Il resto, mi auguro, cambierà di conseguenza”.