In Zimbabwe permane una notevole crisi di capitali derivata dalla situazione politica confusa che ha portato questa terra essere, da uno dei più evoluti Paesi in Africa, a uno dei più indebitati. Nel frattempo la protezione e la gestione della fauna presuppone investimenti intorno ai 25 milioni di dollari l’anno. Tali introiti provengono dal turismo, safari fotografici, ma principalmente da licenze di caccia rilasciate regolarmente. Tutto questo però messo in crisi, come in molte altre realtà, dalla pandemia. Attualmente lo Zimbabwe potrebbe vendere circa 126 tonnellate di avorio e corni di rinoceronti tenuti a magazzino, che sul libero mercato potrebbero far fronte ai tanti debiti. La Cites (Convention on International Trade of Endangered Species) ha sempre proibito, fin dal 1989, tale vendita. Ma adesso insieme al Botswana, Tanzania, Namibia e Zambia, si sta facendo richiesta di decretare la fine di questa proibizione. Il principio portato è che tale materiale, ormai inerte frutto di sequestri a bracconieri o animali deceduti per cause naturali, potrebbe in tutti i casi risolvere le tante spese che richiede appunto la protezione della fauna. È stato evidenziato che tale proibizione, tra gli anni 1999-2008, ha scatenato una vera e propria corsa all’avorio illegale, decretando così le scorrerie di gruppi terroristici che appunto si autofinanziano con il bracconaggio. Che oltretutto è molto difficile da contrastare senza mezzi. Tali gruppi ormai operano come veri e propri reparti d’assalto, armati ed equipaggiati con mezzi modernissimi. Al contrario, per esempio, il contrasto al bracconaggio molto efficiente, fatto dal Sud Africa, ha amplificato moltissimo i conflitti tra popolazioni residenti ed elefanti cresciuti di numero, con relativi costi per indennizzi e la gestione di tale specie. Situazione molto amplificata anche in Mozambico dove in regioni, come nella zona di Maputo, si perpetuano continui scontri tra agricoltori ed elefanti che puntualmente effettuano scorrerie nei campi di granturco. Le autorità non sanno come reagire, in quanto la salvaguardia delle popolazioni è da tenere in considerazione, ma l’altrettanto doverosa salvaguardia degli elefanti è un problema che amplifica il primo. Quindi per salvaguardia deve intendersi qualcosa che tenga conto di tutti gli interessi, piuttosto che applicare ottusi diktat guidati solo da animalismi lontani migliaia di km dalla dura realtà dell’Africa.