L’inizio della prima partita della Coppa del mondo femminile di calcio è stato purtroppo funestato ad Auckland, in Nuova Zelanda, da una sparatoria condotta da un folle armato con un fucile a pompa. Secondo le prime indicazioni, lo sparatore avrebbe ucciso due persone e ne avrebbe ferite altre, alcune di esse in modo grave, prima di essere a sua volta ucciso dall’intervento delle forze dell’ordine (o suicidarsi, non è chiaro).
Seppur con un bilancio meno grave, l’evento segue a ruota la famigerata strage di Christchurch del 2019, in seguito alla quale il governo dell’allora primo ministro Jacinda Ardern aveva immediatamente disposto una corposa modifica alla normativa sulle armi legali in Nuova Zelanda, disponendo la consegna coattiva (dietro indennizzo) di molte tipologie di armi considerate “d’assalto” e conseguentemente vietate. Curiosamente (si fa per dire), appunto, i fucili a pompa rientravano nell’operazione di buyback ma a quanto pare lo sparatore di Auckland non ha avuto particolari problemi a procurarsene uno. Tra l’altro, l’autore del gesto era sottoposto a un provvedimento di detenzione domiciliare, ma poteva recarsi al lavoro (in un cantiere vicino al luogo nel quale ha iniziato a sparare) con un braccialetto elettronico e, ovviamente, non aveva alcuna licenza per acquistare o possedere legalmente armi. Guarda caso, ancora una volta, si dimostra che a fronte di costi enormi, l’operazione di buyback disarma le persone rispettose della legge ma non ha alcun effetto sui criminali e sui folli che, a quanto pare, non hanno problemi a rifornirsi sul mercato illegale, tra l’altro di armi considerate vietate per i “normali” cittadini…
L’unica cosa che le autorità neozelandesi hanno al momento dichiarato è che risulterebbe esclusa la pista terroristica e che l’accaduto non rappresenta un rischio per la sicurezza nazionale, risultando un caso isolato.