L’orsa Caterina insegna

L’orsa Caterina, recentemente deceduta nell’area faunistica del Parco della Maiella che da anni la ospitava, ripropone il dilemma tra gestione completamente selvatica degli animali e aree recintate, più o meno grandi che siano

Nell’area faunistica di Palena (Ch) l’orsa Caterina, dopo 34 anni di vita, è deceduta per un brutto melanoma che l’aveva colpita. Ha avuto una vita singolare Caterina, vissuta per anni nell’area recintata dopo che fu sequestrata dal nucleo Cites nel 2015. Importata dall’est Europa, era finita in un’area turistica privata. Poi, dopo diverse vicissitudini, era stata portata appunto nell’area di Palena. Una gabbia più grande, direbbe qualcuno. Oppure Area faunistica, come è stata definita dal Parco della Maiella. Ma non è questo il punto. L’orsa Caterina è stata negli anni abbondantemente visitata e vista da schiere di bambini e persone, ricevendo molto calore e affetto, come sanno dare i bambini davanti ad animali così maestosi e singolari. Il discorso ci riporta alla contestata visione degli animali nei recinti, negli zoo, nei circhi eccetera. È singolare che a seconda del momento, o della convenienza migliore, l’animalismo vede i recinti, o aree faunistiche, come tortura o come soluzione ideale. C’è “l’orso problematico da abbattere?” Assolutamente no. Deve stare nel “santuario” dei castrati trovato ad hoc addirittura a migliaia di chilometri, alla peggio anche il Casteller va bene. Al contrario, “ha assalito qualcuno?” Va lasciato libero. Niente recinti, perché è l’uomo il colpevole. I circhi e gli zoo? vanno aboliti perché gli animali soffrono. Una volta per tutte, ci vogliamo decidere? Per noi rinchiudere un animale selvatico è sofferenza peggio della morte, ma quando gli animali sono domesticati, nati da generazioni di animali cresciuti in cattività, è pretestuoso parlare di sofferenza. Significherebbe ucciderli riportarli in Natura, in nome di una fantomatica libertà. Spesso le aree recintate con all’interno questi animali semidomestici, rivestono l’unica maniera per molti di entrare in punta di piedi nel loro mondo che forse un giorno darà, con quei ricordi, molto di più che una semplice visita a uno zoo.

Vorremmo raccontare un episodio a compendio. Ogni anno, accanto a dove abitiamo, si accampa un circo con molti animali. Ben tenuti e disponibili alla visita del pubblico sempre molto numeroso peraltro, segno che gradisce. Ed hanno diversi leoni. Tra i quali c’è il famoso Simba, che a novembre scorso è uscito dalla gabbia aperta da alcuni sconsiderati, mandandolo in giro ed esponendolo al rischio poi di essere ucciso o uccidere. Ebbene, nelle notti spesso sentivamo i suoi ruggiti, a cadenza regolare e pensavamo alla fortuna di averli vissuti in Africa durante i nostri safari, mentre adesso erano lì, a disposizione degli abitanti del luogo, impossibilitati a vivere una delle sensazioni più emozionanti di vita selvaggia. Per cui, tornando a Caterina, ha sicuramente rappresentato il mezzo per portare nel cuore i sogni della Natura per tante persone. Per approcciarsi alla fauna selvatica e iniziare la sua comprensione, lontana dalle isterie animaliste, che vedono qualunque animale in un area chiusa solo e unicamente come destinato a una fine ignobile, ma solo quando fa comodo. Se uno soltanto di quei tanti bambini venuti a vedere Caterina, da adulto, diventerà un ricercatore, un biologo, un laureato in scienze naturali, un veterinario, o anche un cacciatore evoluto e rispettoso della Natura, be’, l’orsa Caterina avrà lasciato una grande eredità, donata proprio con la sua cattività.