Strage in famiglia a Perugia: ancora un problema di comunicazione

Enrico Scoccia, 69 anni, ha ucciso con un suo fucile moglie e figlia per poi darsi la morte. Era seguito da tempo per un problema di depressione, non avrebbe dovuto avere l'arma: ancora una volta si evidenziano le lacune normative in materia di comunicazione tra mondo sanitario e pubblica sicurezza

Enrico Scoccia, 69 anni, ha ucciso la moglie e la figlia in un comune del Perugino, per poi uccidersi a propria volta con un fucile di sua proprietà. Alcune persone vicine alla famiglia evidenziano come l’autore del disgraziato gesto fosse preda da tempo di una depressione e che, quindi, non dovesse avere l’arma che poi ha usato. Scoccia in realtà, secondo quanto è emerso a oggi, era seguito già da tempo da neurologi, psichiatri e psicoterapeuti per un problema depressivo che era scaturito da una invalidità fisica conseguente a un intervento di ernia che non aveva dato i risultati sperati e che l’uomo riteneva che potesse nuovamente aggravarsi, dopo un iniziale miglioramento.

Un caso come questo evidenzia nuovamente, purtroppo, come la normativa in materia di possesso legale di armi, che pure in Italia è rigorosa e prevede un controllo capillare da parte delle forze dell’ordine in fase di rilascio e rinnovo delle autorizzazioni, possa essere ulteriormente migliorata nel momento in cui (e Armi e Tiro non lo dice da oggi) si stabilisca una procedura di interconnessione delle informazioni tra il mondo sanitario a tutto tondo e il mondo della Pubblica sicurezza: comunicazione che oggi non esiste. In effetti, anzi, non si può fare a meno di sottolineare come il ministero dell’Interno abbia letteralmente sprecato anni preziosi baloccandosi con aspetti del tutto irrilevanti ai fini della pubblica sicurezza, come la capacità dei caricatori, restando invece indietro in modo inaccettabile proprio sul critico tema delle moderne forme di interconnessione delle informazioni salienti sui cittadini che richiedono o posseggono autorizzazioni di polizia.

Sia ben chiaro, che per fortuna in Italia (diversamente da quanto vorrebbero far credere taluni soggetti) una “emergenza armi legali” non esiste e non c’è. Esiste, tuttavia, la possibilità di contenere ulteriormente l’incidenza di fatti illeciti (e tragici) commessi con armi legalmente detenute, attraverso l’istituzione di protocolli di comunicazione tra i medici (quindi tra gli specialisti e i medici di base, per esempio) e tra il settore sanitario e quello della pubblica sicurezza, il tutto sia chiaro senza ulteriori oneri burocratici né aggravi per il cittadino possessore di armi.