Con sentenza n. 33607 del 4 settembre 2024 (udienza del 14 maggio), la sezione I penale della Cassazione è intervenuta sulla modalità con la quale le corti di merito (tribunali di primo grado e di appello) possono effettuare una valutazione sulle caratteristiche di un’arma ad aria compressa. In particolare si parla della differenza tra un’arma ad aria compressa propriamente detta e una di modesta capacità offensiva, quindi con potenza inferiore ai 7,5 joule.
Nello specifico, l’imputato era stato condannato per il reato contemplato dall’articolo 697 del codice penale per la detenzione di una carabina Diana 35 ad aria compressa, non denunciata. Sul punto, il difensore ha proposto appello, ritenendo insussistente la fattispecie di reato in quanto la carabina “non rientrerebbe nella categoria delle armi comuni da sparo in quanto sarebbe arma da bersaglio da sala ad emissione di gas o di aria compressa che eroga un’energia cinetica non superiore a 7.5 joule”. Il difensore ha anche eccepito che “la Corte territoriale avrebbe omesso di effettuare in concreto l’accertamento relativo alla potenzialità effettiva dell’arma e al depotenziamento della stessa, attività necessaria e imposta dalla L. 526 del 1999 che incide sulla disciplina di cui alla L. 110 del 1975, ai fini dell’affermazione di responsabilità”.
La Cassazione ha tuttavia respinto il ricorso, argomentando che “La Corte territoriale, diversamente da quanto indicato nell’atto di ricorso, con lo specifico riferimento alle caratteristiche al modello della carabina ad aria compressa rinvenuta, una Diana mod. 35, e alla circostanza che questa, per come prodotta, è inserita al n. 365 del Catalogo Nazionale delle Armi dalla Commissione consultiva centrale per cui eroga un’energia iniziale di 11 joule, ha dato atto che l’arma in sequestro rientra a pieno titolo nelle armi comuni da sparo che non è consentito detenere senza denunciarne il possesso all’Autorità di pubblica sicurezza. Sotto tale profilo, pertanto, ogni critica circa la mancanza di un concreto accertamento in ordine all’effettiva energia erogata dalla carabina risulta inconferente. Ciò in quanto, a fronte del dato costituito dalle caratteristiche di fabbrica dell’arma, la difesa ha omesso di allegare elementi e circostanze tali da porre in dubbio quali fosse l’effettiva energia erogata dall’arma, tali cioè da rendere necessario procedere a verificare se in effetti questa era stata oggetto di un depotenziamento”.