Glock debutta sul mercato del plinking con una versione in .22 della “taglia” della G19: non è una replica, è un progetto innovativo che grazie a soluzioni tecniche ardite consente di sparare migliaia di colpi senza pulizia
Stavolta, Glock l’ha fatta grossa! Parliamo della G44, la nuova pistola semiautomatica presentata poco prima di Natale dall’azienda austriaca, la prima calibro .22 lr per il marchio di Deutsche Wagram. Guardando al calibro, sarebbe quindi più adatto dire che Glock “l’ha fatta piccola”, ma in realtà non ci stiamo riferendo al calibro, bensì alla novità più straordinaria di questo progetto: parliamo, cioè, della prima pistola calibro .22 lr, concepita peraltro per replicare le forme di un’arma di grosso calibro, capace di sparare migliaia di colpi di seguito senza la necessità di pulizia e mantenendo, nonostante questo, la massima affidabilità operativa. Un po’ come accade per le “normali” pistole Glock nei classici calibri a percussione centrale che, fin dal loro esordio all’inizio degli anni Ottanta, si sono imposte sul mercato con una robustezza e una affidabilità che pochi concorrenti possono vantare, sia con fusto metallico, sia con fusto polimerico. Ecco quindi che la sfida posta da un progetto in calibro .22 lr non potesse, secondo i tecnici Glock, risolversi in una mera “replica” di piccolo calibro: “non volevamo fare una pistola calibro .22 lr”, hanno dichiarato con giusto orgoglio in occasione della presentazione, “volevamo fare una Glock calibro .22 lr”. Ebbene, dopo due giorni di test operativi, possiamo confermare che ci sono riusciti.
L’arma risulta dimensionalmente sovrapponibile alla classica Glock 19 calibro 9 mm, nella configurazione Gen 5: malgrado ciò, sul catalogo Glock la 44 sarà posta per conto proprio e non direttamente insieme alle pistole Gen5 (tra l’altro, l’indicazione Gen5 non è riportata sul carrello). Quindi, per esempio, il fusto è del tipo più moderno, senza scanalature anteriori per le dita (finger groove), con la scampanatura sul bordo inferiore dell’impugnatura, la tipica texture grippante e con la possibilità di installare i dorsalini intercambiabili (quattro, come sempre, quelli in dotazione, in formato medium e large con o senza elsa maggiorata). Mutuati pari pari dalla Gen5 anche i comandi ambidestri, che prevedono doppia leva dell’hold open e pulsante di sgancio del caricatore reversibile a scelta del tiratore sul lato sinistro (destrimani) o destro (mancini). Anche il gruppo di scatto è quello tipico della Gen5 e delle pistole della gamma Slim line (42, 43, 48, 43x), rispetto a quello delle precedenti generazioni si contraddistingue a prima vista perché la molla del dente di scatto agisce per compressione e non più per trazione, come avvenuto fino alla Gen4 inclusa. Questo significa, per esempio, che sarà possibile installare un disconnettore aftermarket scelto tra le centinaia già disponibili sul mercato, senza dover attendere un prodotto dedicato.
Anche se il fusto è praticamente identico rispetto a una 19 Gen5, in realtà le differenze ci sono e non sono poche: a partire, innanzi tutto, dal blocchetto che normalmente si trova innestato nella parte anteriore, in corrispondenza dell’asse del grilletto: nelle Glock a percussione centrale (e a chiusura geometrica), è realizzato in acciaio e serve per attuare l’abbassamento della culatta della canna e il conseguente svincolo di quest’ultima dal carrello, durante il movimento di apertura; nella G44, che funziona a chiusura labile, non ha il medesimo scopo e, di conseguenza, è realizzato in polimero. Differente è anche la conformazione della leva a “U” dell’hold open, perché deve interfacciarsi con un caricatore profondamente differente, e ovviamente è anche diversa la conformazione dell’espulsore.
Le novità più grandi non si concentrano, però, “sotto”, bensì “sopra”: a livello, cioè, del carrello otturatore, che rappresenta il vero punto di svolta concettuale dell’arma. Invece di copiare gli altri, realizzando un carrello in lega leggera con inserti in acciaio, i tecnici Glock hanno deciso un approccio più radicale: una slitta in acciaio, finita con il medesimo trattamento di nitrurazione nDlc applicato sulle Gen5, sulla quale sono innestate alcune componenti… in polimero. Abbiamo usato il termine “componenti”, al plurale, non casualmente: infatti sono in tutto quattro gli elementi che costituiscono l’otturatore e, parlando dell’elemento polimerico, la sua natura composita (nel senso, in questo caso, che è costituita da più elementi) risulta evidente guardando in particolare la zona posteriore e superiore, davanti alla tacca di mira, dove si nota la giunzione delle varie parti. Queste componenti, è meglio precisarlo prima, sono assemblate direttamente in fabbrica e non ne è contemplato lo smontaggio da parte dell’utente finale, né tantomeno risulta in alcun modo necessario. Al di là di questo aspetto, per il resto l’otturatore si monta e si smonta come quello di una qualsiasi altra Glock Gen5. Perché questa soluzione mista acciaio-polimero? L’elemento in acciaio serve per garantire un contatto metallo contro metallo per quanto riguarda tutte le superfici soggette a scorrimento o a sollecitazione, quindi in corrispondenza delle guide di scorrimento sul fusto, dei punti di arresto della leva ambidestra dell’hold open, della faccia dell’otturatore, del punto di contatto anteriore della canna e del punto di contatto anteriore del gruppo di recupero. Tutte le altre superfici, che non sono soggette a frizione o pressione, sono in polimero. Questo non ha solo, né tanto, lo scopo di risparmiare materie prime e cicli di lavorazione, quanto quello di realizzare un carrello otturatore molto leggero, anche in rapporto a una calibro .22 lr. Chiaramente, come abbiamo esposto in precedenza, poiché in una chiusura a massa il timing di apertura è determinato dalla combinazione tra massa del carrello e forza della molla di recupero, al decrescere della massa, sarà possibile (anzi necessario) aumentare la forza della molla di recupero. E qui c’è la sorpresa in assoluto più evidente, parlando di una calibro .22 lr, cioè il fatto che il gruppo di recupero è formalmente identico a quello di una Glock 19 calibro 9, quindi telescopico e con molle che, seppur realizzate appositamente per la G44, hanno una durezza del tutto paragonabile a quella del 9 mm. Il risultato qual è? Che con questa soluzione l’arma è in grado di funzionare con qualsiasi tipo di cartuccia calibro .22 lr, dalle standard velocity alle superveloci, con un ciclo di sparo estremamente rapido e vigoroso, grazie alla massa ridotta del carrello (che quindi oppone una scarsa inerzia) e alle potenti molle di recupero (che garantiscono un repentino ritorno in batteria, anche con l’arma molto sporca). Ovviamente con questa soluzione tecnica può presentarsi un problema con le munizioni più performanti, cioè con le superveloci, determinato da eventuali incollaggi del bossolo in camera: in pratica, il carrello inizia ad aprirsi quando il bossolo è ancora sottoposto alle pressioni dello sparo, quindi aderisce alle pareti della camera e può sfondellarsi oppure determinare un inceppamento. Questo aspetto non era evidentemente ignoto ai tecnici Glock, ed è stato brillantemente risolto prevedendo una serie di scanalature longitudinali nella camera di scoppio, analogamente a quanto si osserva (per esempio) sulle armi Heckler & Koch con chiusura metastabile a rulli. In questo modo parte dei gas di sparo filtra tra la parte anteriore del bossolo e le pareti della camera, facendo in pratica “galleggiare” il bossolo su un cuscinetto di gas e impedendone, così, l’incollaggio. Pie speranze di un team di nerd di laboratorio? Decisamente no, se si pensa che prima del lancio sul mercato sono stati sparati un milione e duecentomila cartucce di 17 marche e 120 modelli differenti, per non parlare del fatto che con 8 esemplari di pre-serie sono stati sparati in tutto 40 mila colpi e con un singolo esemplare degli 8 pilota, sono stati sparati 12 mila colpi senza alcuna pulizia. E scusate tanto se è poco…
La canna è appositamente realizzata, nel senso che anche morfologicamente ha un profilo originale e non “copia” o “simula” le dimensioni della canna in 9 mm. è lunga 102 millimetri in configurazione standard, ma è disponibile una variante più lunga di circa un centimetro che, quindi, sporge rispetto alla faccia anteriore del carrello ed è filettata in volata per l’installazione di un moderatore di suono. La filettatura è a standard europeo M9x0,75 mm ed è protetta da una boccola filettata amovibile (che deve essere svitata per lo smontaggio ordinario), nel set che compone questa versione della G44 è però inclusa anche una boccola adattatrice con ulteriore filettatura esterna con passo americano 1/2-28 per i moderatori prodotti Oltreoceano. Per quanto riguarda la rigatura, è stata adottata la canna Gmb (Glock marksman barrel) inaugurata con la Gen5, che si contraddistingue per le peculiari rigature dotate di due “creste” sui lati di ciascun principio di rigatura. I principi sono 10, valore tutto sommato poco comune per le armi in calibro .22 lr con rigatura tradizionale.
Anche per quanto riguarda il centraggio della canna rispetto al carrello, la soluzione studiata dai tecnici Glock è perlomeno anticonvenzionale: esaminando l’arma si nota, infatti, che non solo la canna non è fissa rispetto al fusto (soluzione preferita su molte repliche .22 lr di pistole famose), bensì ha anche un discreto lasco longitudinale. Questo lasco, in particolare, è studiato per non ostacolare l’azionamento dei ritegni laterali per procedere allo smontaggio. Ovviamente, tale lasco lascerebbe presupporre una costanza di posizionamento rispetto al carrello perlomeno erratica e conseguenti prestazioni scadenti sul bersaglio. In realtà questo non accade, anzi la precisione è decisamente elevata, perché in corrispondenza della culatta della canna sono previste due scanalature laterali, nelle quali si inseriscono opportune alette ricavate sui lati del carrello, quando quest’ultimo completa il movimento di chiusura. In questo modo, la canna è centrata nella parte anteriore dalla boccola in acciaio del carrello, ma anche nella parte posteriore grazie a questa coppia di guide e, di conseguenza, la sua posizione rispetto al carrello (e di conseguenza rispetto agli organi di mira) è costante colpo dopo colpo. Semplicemente geniale. La canna della G44 è anche dotata di una rampa di alimentazione integrale e, nella parte superiore, presenta un rilievo aggettante sul quale è ricavata una scanalatura semicircolare che funge da avviso di camera carica, consentendo di vedere il fondello della cartuccia. Data la peculiare forma del bossolo, non è stato possibile integrare l’avviso di colpo in canna nell’estrattore, come è tradizione di Glock da metà della Gen3, quest’ultimo è quindi perfettamente liscio e non protrude significativamente a cartuccia camerata.
Un altro elemento molto delicato in un’arma calibro .22 lr è il caricatore e questo è tanto più delicato in un’arma che nasce per un altro calibro, perché i volumi non sono “nativi” dedicati al .22 lr. Nella fase iniziale dello sviluppo dell’arma si era anche valutata la possibilità di sviluppare un caricatore bifilare, poi però si è scelto di preferire l’assoluta sicurezza di funzionamento, con un caricatore monofilare, della capacità di 10 cartucce. Il profilo esterno ricorda quello della Glock 19, rispetto a quest’ultimo però il caricatore della G44 è completamente polimerico (non ha anima in acciaio) e presenta due cursori laterali per agevolarne il riempimento. Il fondello è quello tipico della Gen5, con la smussatura verso la parte anteriore.
Gli organi di mira sono costituiti da un mirino fisso, con riferimento puntiforme bianco per la collimazione istintiva, e da una tacca di mira regolabile in altezza e derivazione, con profilatura bianca del contorno della “U” della finestra. I sistemi di fissaggio delle mire sono quelli standard Glock, quindi è possibile sostituirle con un qualsiasi prodotto aftermarket già esistente per la G19, anche se i tecnici Glock consigliano comunque, per le tacche di mira, di utilizzare quelle previste per la Slim line, perché essendo il carrello della G44 leggerissimamente più sottile rispetto a quello della 19, l’effetto estetico risulta più armonioso.
Lo scatto, come si è detto, è identico in tutto e per tutto a quello della Glock Gen5, così anche (grosso modo) il peso di sgancio dichiarato, pari a 26 Newton. Giova sottolineare che, oltre al disconnettore, è possibile sostituire anche la molla del percussore con quella prevista per una qualsiasi Glock 17 o 19, perché è identica. La molla è identica, il percussore invece no: rispetto a quelli a percussione centrale la punta risulta leggermente disassata verso il basso ed è tornata ad avere un profilo marcatamente rettangolare, anziché a goccia. Il profilo è stato studiato per garantire la massima affidabilità con qualsiasi tipologia di cartuccia calibro .22 lr e, inoltre, è concepito in modo tale da non riportare danni nel caso di scatto a vuoto (cosa che non è vera per la maggior parte delle altre pistole calibro .22 lr…).
Nel corso dei due giorni dedicati alla presentazione dell’arma a Deutsche Wagram, sede dell’azienda, l’aspetto prettamente dedicato al tiro è stato protagonista: il gruppo di giornalisti del quale facevo parte ha potuto, in particolare, effettuare una prima presa di contatto alla sera del primo giorno, alla quale è seguita una sessione più approfondita la mattina del secondo giorno. Le armi a disposizione erano cinque, tre delle quali in configurazione standard e due con moderatore di suono B&T applicato. Munizioni a pioggia distribuite come se non esistesse un domani, sia di tipo Hv, sia di tipo standard, di produzione Geco, Sk, Remington, Rws, Federal, Winchester. Giova precisare che tra un giorno e l’altro, le armi non sono state toccate, né tantomeno pulite (infatti alla ripresa il secondo giorno erano già sporche). Ebbene, siete liberi di crederci o di non crederci, sta di fatto che ciascuna delle cinque armi ha macinato ininterrottamente oltre mille colpi, senza manifestare il benché minimo inconveniente: il ciclo di sparo, osservato stando a lato del tiratore, è risultato fulmineo e la velocità del ciclo non ha avuto alcun rallentamento visibile fino alla fine del nostro test. La velocità è elevata, ma siccome la massa del carrello è molto contenuta, le reazioni allo sparo risultano, comunque, del tutto controllabili, come peraltro ha dimostrato la tiratrice Michelle Viscusi con alcune “mitragliate” effettuate ad alta cadenza di tiro. La precisione è risultata molto elevata, nelle mani di un tiratore addestrato in particolare allo scatto Safe action, a 10 metri, si rischia seriamente di svuotare il caricatore lasciando sul cartoncino del bersaglio un unico foro allargato. Il maneggio dell’arma risulta del tutto identico a quello di una normalissima 19, con l’aggiunta però di una seconda serie anteriore di fresature laterali di presa, come fu sperimentato nell’edizione limitata 19 Fs (Front serrations). Il gioco estetico della parte inferiore del carrello in acciaio, più lucida, in rapporto alla componente polimerica, opaca come il fusto, risulta non solo estremamente accattivante ma anche decisamente ricercato. Il riempimento dei caricatori è molto agevole, grazie al cursore bilaterale che può essere facilmente afferrato con pollice e indice della mano debole, lo smontaggio è anch’esso il tutto e per tutto identico a quello di una normale 9 mm Glock.
La prova completa su Armi e Tiro di gennaio 2020
Scheda tecnica
Produttore: Glock, glock.com
Distributore: Bignami spa, via Lahn 1, 39040 Ora (Bz), tel. 0471.80.30.00, bignami.it
Modello: 44
Tipo: pistola semiautomatica
Calibro: .22 lr
Funzionamento: chiusura a massa
Alimentazione: caricatore monofilare amovibile
Numero colpi: 10
Canna: Marksman lunga 102 mm, rigatura a 10 principi
Lunghezza totale: 185 mm
Spessore: 32 mm
Altezza: 128 mm (con caricatore)
Linea di mira: 158 mm
Scatto: Safe action in semi-Doppia azione, peso di sgancio dichiarato 26 N
Percussione: percussore lanciato con prearmamento
Mire: mirino fisso con dot bianco, tacca di mira regolabile con profilo bianco della finestra a “U”
Materiali: fusto e carrello in tecnopolimero con elementi in acciaio, canna in acciaio al carbonio
Finiture: parti in acciaio con nitrurazione nDlc
Peso: 418 g scarica
Altre versioni: con canna più lunga filettata per moderatore di suono
Qualifica: arma sportiva
Prezzo: 550 euro, Iva inclusa; versione con canna filettata, 640 euro