Dai dati raccolti dall’Università di Urbino, risulta che negli ultimi tre anni gli incidenti di caccia siano costantemente diminuiti. Le associazioni venatorie: “lavoriamo per migliorare ancora”
Al di là dei numeri volutamente allarmistici (e, spesso, decisamente fantasiosi) propalati dal mondo animalista e anti-armi, per fortuna il fenomeno degli incidenti venatori è in diminuzione. A dirlo è una ricerca dell’Università di Urbino, che ha raccolto e analizzato i dati del triennio compreso tra il 2017 e il 2019. Nel periodo considerato, si evince una calo del 16 per cento dei decessi e del 9 per cento degli incidenti con feriti.
“In queste ore, come di consueto, vengono diffusi comunicati allarmistici che riportano numeri di incidenti assai superiori a quelli riscontrati dall’Università”, sottolinea in un comunicato la Cabina di regia del mondo venatorio, costituita dalle associazioni venatorie riconosciute Fidc, Enalcaccia, Anlc, Arcicaccia, Anuu, Italcaccia ed Eps: “si tiene a precisare che, invece, i risultati dell’ateneo riguardano esclusivamente casi relativi a pratiche venatorie corrette, ed escludono i casi in cui si verifichino pratiche scorrette, non legate al mondo della caccia (bracconaggio, atti di violenza intenzionale, malori, cadute ecc..). Questo risultato positivo è stato possibile nel corso degli anni grazie ad una importante opera di sensibilizzazione sui temi della sicurezza nella pratica della caccia che il mondo venatorio ha portato avanti costantemente con impegno e dedizione. Il mondo venatorio sottolinea che si tratta comunque dell’inizio di un percorso che ha come obiettivo finale quello di portare tali numeri quanto più prossimi allo zero. L’attività venatoria non è da considerare tra le più pericolose solo perché contempla l’utilizzo dell’arma; come specificato nello studio dell’Università di Urbino, per esempio, escursionismo, alpinismo, sport invernali, balneazione e altri sport estremi contano numeri decisamente maggiori di decessi e di feriti”.