La solita informazione raffazzonata sulle armi. Il Messaggero mescola le legali con le illegali e confonde le tipologie di sequestri. Disinformazione a beneficio di chi preferisce non capire…
Sabato 23 febbraio il Messaggero di Roma ci aggiorna sulle armi “regolarmente registrate” a Roma: al 2017 superavano le 250 mila unità. Interessante. Camilla Mozzetti si spiega il perché di queste armi: “per difesa personale – e qui, tra i principali detentori, ci rientrano soprattutto gioiellieri e commercianti – o per semplice passione sportiva: quella di andare al poligono di tiro e sparare oppure cercare di prendere il piattello al volo”. Poi, però, la giornalista incappa nell’errore da matita blu. Che a pensarci bene potrebbe essere ispirato dal solito sospetto con cui vengono guardati i cittadini armati: “A questi bisogna poi aggiungere il sommerso ovvero le armi non registrate – tra cui quelle con la matricola abrasa per esempio – che secondo le stime sarebbero il doppio di quelle denunciate e alimenterebbero un mercato parallelo a quello delle regolari armerie con tariffe e prezzi fissi e pistole che si possono anche noleggiare”. Eh no! Non facciamo confusione, il mercato è “parallelo” dunque non “bisogna aggiungere” un bel niente: le armi illegali cui si riferisce la giornalista sono quelle non denunciate, senz’altro anche quelle con matricola abrasa o che mancano delle indicazioni prescritte, quelle automatiche, quelle in calibri non consentiti. Armi che, semplicemente, i cittadini che detengono licenze di polizia proprio non possono avere. Questa erronea e grave confusione vizia tutto il prosieguo dell’articolo, perché, scrivendo di “arsenale collettivo” che collettivo proprio non è, la giornalista passa a descrivere “l’indice dei sequestri amministrativi compiuti con costanza dalla polizia nell’ultimo anno”, aggiungendo considerazioni che lasciano il tempo che trovano. Al commissariato di polizia di San Paolo che copre quartieri definiti “delicati” come Corviale, ma anche Trullo e Magliana, gli agenti hanno sequestrato nell’ultimo anno 600 “pezzi” tra pistole e fucili e 10 mila munizioni: quasi due armi e 30 proiettili al giorno: «Il dato è pressoché in linea con i sequestri amministrativi svolti in passato», spiega il dirigente del commissariato Massimiliano Maset, «anche se è cambiata la tipologia di coloro a cui è stata sottratta un’arma». «Tramite le verifiche ci siamo resi conto», continua Maset, «che molti di quelli a cui abbiamo sequestrato una pistola, ad esempio, o un fucile avevano collezionato dei precedenti con la giustizia oppure frequentavano dei pregiudicati. In sostanza avevano cambiato la propria condizione rispetto a quella posseduta al momento del rilascio del titolo per il possesso di un’arma». Dunque non si tratterebbe di armi illegali, ma di sopravvenuta mancanza di requisiti, per l’80% dei casi, mentre scopriamo anche che nel restante 20% il sequestro amministrativo è scattato per violazioni burocratiche, come la mancata esibizione del certificato medico attestante la buona salute di chi detiene armi, richiesto dal decreto legislativo n° 121 del 29 settembre 2013. «In questa categoria rientrano principalmente coloro i quali possedevano un fucile da caccia», conclude il dirigente. Sappiamo bene che molti meri detentori, per non sottoporsi a crescenti noie burocratiche, hanno preferito cedere le proprie armi o comunque rinunciare a detenerle.
Insomma al solito, anche questo articolo butta nel calderone ogni informazione sulle armi, per ignoranza o cattiva volontà, senza curarsi delle conseguenze. Tanto, addosso ai detentori di armi si può gettare sempre la croce. Viene meno anche l’utilità delle ulteriori elencazioni dell’articolo, in cui si citano gli altri sequestri per circa un migliaio di armi, poi cartucce e anche, udite, udite, 5 spade, a conferma del fatto che le “distinzioni” in fatto di armi sono comprensibili solo per gli appassionati…