È cominciata il 23 aprile la raccolta delle firme per due referendum abrogativi, uno relativo alla sanità pubblica, l’altro invece contro l’invio di armi all’Ucraina. La campagna referendaria è organizzata dal Comitato di Generazioni Future presieduto dal giurista Ugo Mattei e sostenuta da influenti personalità del mondo accademico e culturale. Il suo motto è “Ferma il dolore, firma la pace”. Il testo del referendum dice: “Vuoi tu che sia abrogato l’art. 1 del decreto-legge 2 dicembre 2022, n. 185 (Disposizioni urgenti per la proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle Autorità governative dell’Ucraina), convertito in legge n. 8 del 27 gennaio 2023 nelle parole: “È prorogata, fino al 31 dicembre 2023, previo atto di indirizzo delle Camere, l’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina, di cui all’art. 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 2022, n. 28, nei termini e con le modalità ivi stabilite”?”.
Un terzo quesito referendario, presentato dal comitato Ripudia la guerra, intende revocare all’esecutivo il potere di derogare al divieto di esportazione di armi a Paesi coinvolti nei conflitti attraverso una semplice informativa al Parlamento. Il testo del quesito è il seguente: “Volete voi che sia abrogato l’art. 1, comma 6, lettera a), legge 09 luglio 1990, n. 185, rubricata “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”, e successive modificazioni (che prevede: “6. L’esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali di armamento sono altresì vietati: a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i princìpi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere”) limitatamente alle parole “o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere”?”.
L’iniziativa sembra aver creato una prima frattura sull’asse tra l’ex premier Giuseppe Conte e il Partito democratico: Conte infatti ha annunciato che andrà a firmare e appoggerà la raccolta di firme, mentre Stefano Bonaccini, del Pd, ha osservato che “La politica estera di un grande Paese non si fa con i referendum”.
Al di là della contrapposizione politica, più di qualcuno ha avanzato anche dubbi sull’ammissibilità dei quesiti, i quali andrebbero a incidere su norme di legge che (secondo i critici) sarebbero una conseguenza diretta di trattati internazionali. Essendo questi ultimi sottratti alla materia referendaria abrogativa, si suppone che anche queste leggi lo siano. Ma l’ultima parola sulla questione spetterà alla corte costituzionale, dopo il vaglio preliminare di conformità da parte della corte di Cassazione, allo scadere dei 90 giorni di tempo previsti per le 500 mila firme necessarie.
Al di là di questo aspetto procedurale, sono in molti a puntare il dito nei confronti dei promotori del referendum, osservando come l’iniziativa lasci del tutto senza risposta il quesito su cosa dovrebbe accadere all’Ucraina, nel momento in cui fosse lasciata senza l’appoggio militare dei Paesi occidentali. Quesito che, al di là di generiche rassicurazioni sulla “massima solidarietà al popolo ucraino”, restano di fatto senza risposta.