Una nota di due giorni fa dell’Istituto bolognese dà vigore alle pretese di animalisti e anticaccia che ora chiedono di cancellare la stagione venatoria. Diamo voce anche alle ragioni dei cacciatori!
Il consueto balletto sull’apertura della caccia e gli immancabili eventi destinati a posticiparla, quest’anno la siccità e gli incendi, attendevano un autorevole parere. E Piero Genovesi, responsabile dell’Area pareri tecnici e strategie di conservazione e gestione patrimonio faunistico nazionale e mitigazione impatti dell’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (Ispra) si è fatto attendere fino al 28 agosto. L’istituto consultivo ha inviato una nota (in allegato) a tutte le regioni Italiane, e per conoscenza a ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare e al ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali.
In buona sostanza afferma che i dati meteo climatici, monitorati dallo stesso istituto, “indicano che il 2017 è stato caratterizzato, già a partire dagli inizi dell’anno, da una situazione meteorologica decisamente critica, caratterizzata da temperature massime assai elevate e prolungati periodi di siccità, che ha determinato in tutta Italia una situazione accentuata di stress in molti ecosistemi”. Ciò comporta, secondo Ispra, “anche aggravata da una drammatica espansione sia del numero degli incendi sia della superficie percorsa dal fuoco”, “una condizione di rischio per la conservazione della fauna in ampi settori del territorio nazionale, con conseguenze, nel breve e nel medio periodo, sulla dinamica di popolazione di molte specie” “Ciò può condizionare negativamente il successo riproduttivo e aumentare la mortalità degli individui giovani e adulti, a causa di una maggior vulnerabilità a malattie e predazione”.
Le altre considerazioni, alquanto generiche, sono contenute nel documento, ma quello che più interessa sono le misure che Ispra consiglia di adottare. La sospensione dell’addestramento e l’allenamento dei cani da caccia, sino al venir meno delle attuali condizioni climatiche e al ripristino delle condizioni ambientali, incluse quelle vegetazionali, poiché tali attività comportano uno stress aggiuntivo per le popolazioni di fauna stanziale, particolarmente nel caso dei galliformi, dei lagomorfi e degli ungulati.
Il divieto della caccia da appostamento sino a quando continuerà il deficit idrico, che potrebbe determinare una concentrazione del prelievo in corrispondenza dei punti di abbeverata. Il posticipo all’inizio di ottobre della caccia agli uccelli acquatici, “indicazione, motivata da considerazioni biologiche e tecniche che prescindono dalle condizioni climatiche contingenti, è contenuta nel documento “Guida per la stesura dei calendari venatori ai sensi della legge n. 157/92, così come modificata dalla legge comunitaria 2009, art. 42” a suo tempo trasmesso da Ispra alle Amministrazioni regionali”. L’introduzione di eventuali misure atte a limitare il prelievo sulle popolazioni delle specie non migratrici dovranno essere valutate caso per caso, sulla base dei dati sul successo riproduttivo raccolti a livello locale dagli organismi di gestione degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini. In assenza di informazioni dettagliate a riguardo, Ispra ritiene opportuno “vengano adottate a titolo precauzionale misure volte a limitare la pressione venatoria nel corso della stagione (ad esempio attraverso la riduzione del periodo di caccia o la limitazione del carniere consentito)”. Qualora non siano ancora stati effettuati i rilasci, Ispra suggerisce di attendere il miglioramento delle condizioni ambientali e, conseguentemente, di posticipare l’apertura della caccia nei confronti delle specie oggetto di ripopolamento per consentire l’ambientamento dei soggetti immessi.
“L’esercizio dell’attività venatoria a carico di talune specie nelle aree interessate da incendi può rappresentare un ulteriore motivo di aggravamento delle condizioni demografiche delle popolazioni interessate, non solo nelle aree percorse dagli incendi, ma anche nei settori limitrofi e interclusi, allorquando l’azione del fuoco abbia interessato percentuali importanti di un’area (es. oltre il 30%) e quando gli incendi si siano succeduti nell’arco degli ultimi anni negli stessi comprensori”.
Ispra conclude suggerendo alle Amministrazioni competenti “specifiche iniziative di monitoraggio soprattutto a carico delle popolazioni di fauna selvatica stanziale o nidificante, potenzialmente oggetto di prelievo venatorio, assumendo di conseguenza eventuali misure di limitazione del prelievo stesso. In particolare dovrebbero essere emanati adeguati provvedimenti affinché il divieto di caccia nelle aree forestali incendiate (come già previsto dalla Legge 353/2000, art. 10, comma 1 per le sole aree boscate) sia esteso almeno per due anni a tutte le aree percorse dal fuoco (cespuglieti, praterie naturali e seminaturali, ecc.), nonché ad una fascia contigua alle aree medesime, le cui dimensioni debbono essere stabilite caso per caso in funzione delle superfici incendiate, della loro distribuzione e delle caratteristiche ambientali delle aree circostanti”.
Pare che il solo Abruzzo abbia deliberato di posticipare l'apertura della caccia a ottobre. Era da luglio, e forse da prima, che le associazioni animaliste e anticaccia Enpa, Lac, Lav e Lipu battevano la grancassa sulle limitazioni al calendario venatorio, come ogni anno per la verità in questo periodo, ma ora, dopo questo parere chiedono al governo addirittura “un provvedimento urgente che cancelli la stagione venatoria 2017/2018 e permetta alla fauna e al territorio di ristorarsi, dopo l’interminabile fase di siccità e incendi che ha colpito, e ancora colpisce, l’intero territorio italiano”. Il Wwf, in una nota distinta, afferma di non aver ricevuto risposta dalle regioni a cui aveva scritto agli inizi di agosto per chiedere risposte serie e adeguate alla drammatica situazione della fauna e degli ecosistemi naturali: dopo la nota dell’Ispra sollecita quindi le regioni a comportarsi di conseguenza “prevedendo il divieto o la forte limitazione dell’attività venatoria”. L’associazione ambientalista ritiene che quanto prescrive “l’autorevole parere dell’Ispra sia davvero il minimo che le regioni debbano fare per garantire quel ‘nucleo di salvaguardia’ della fauna selvatica tante volte richiamato anche dalla Corte Costituzionale per rispettare le norme europee ed internazionali”. Legambiente ha chiesto una moratoria di un mese sull’apertura.
Quanto alla posizione delle associazioni, il vicepresidente nazionale di Federcaccia, Massimo Buconi, davanti alle telecamere di Unomattina, popolare trasmissione Rai, ha sostenuto: “Difendiamo le ragioni della scienza contro le richieste dettate dall’emotività”. Di fronte alle argomentazioni del presidente della Lipu Fulvio Mammone Capria, Buconi ha risposto che i cacciatori sono pronti a rimettersi alle decisioni prese dalle autorità purché queste si basino su precisi fatti scientifici accertati da organismi indipendenti e non sull’onda di una emotività tanto forte quanto disinformata. “Quello che nessuno dice”, ha aggiunto, “è che proprio questa stagione così calda e priva di forti precipitazioni, ha fatto sì che il tasso di riproduzione dei selvatici sia stato particolarmente alto e positivo”.
Magari fosse solo emotività: il polverone mediatico innalzato ad arte fa sì che i cacciatori siano visti sempre peggio dall’opinione pubblica. Spiace osservare come tutto, sulla caccia in Italia, sia utilizzato strumentalmente. Il gioco è manifesto e non importa e forse neppure serve l’atteggiamento collaborativo dei cacciatori. Incendi, siccità, alluvioni avvengono purtroppo quasi ogni anno, ma solo in Italia questi problemi si riverberano negativamente sulla caccia. E, poi, è noto che il 50% delle risorse idriche del Paese sono impiegate dall’agricoltura e il 20% dall’industria. Al di là della previsione del divieto decennale di pascolo e caccia sul soprassuolo delle zone boscate percorse dal fuoco della legge quadro sugli incendi boschivi (353/2000) e, in parte, anche dalla legge quadro sulla caccia 157/1992, quale cacciatore andrebbe mai a caccia nei territori incendiati? I cacciatori hanno la sensibilità venatoria e naturalista e la competenza per decidere quando è il caso di cacciare oppure no.
Le misure dell’Ispra serviranno a poco se non a nulla. Il clima sta cambiando e i cacciatori, che conoscono davvero il territorio perché lo vivono e lo curano ogni giorno sono i primi a riconoscerlo. Ma proprio perché il clima è cambiato allora sarebbe più coerente ripensare i tempi di tutta la stagione venatoria, senza penalizzare sempre e solo i cacciatori. Aprendo più tardi, ma chiudendo anche più tardi. Quanto all’Ispra, che sappiamo bene ha problemi di fondi e sopravvivenza, forse sarebbe utile ricordare che anch’essa campa con i soldi dei cacciatori. Infine, proprio a proposito di soldi, le regioni che eventualmente decidessero di sospendere o posticipare l’apertura o altri interventi limitativi, rifonderanno i cacciatori per le tasse già pagate? Perché con quelle di concessione governativa ci hanno già fregato…