In vista delle elezioni di maggio, il governo filippino sancisce il bando delle armi in tutto il Paese. Oltre 50mila tra poliziotti e militari sono stati schierati in 3500 posti di blocco distribuiti su 15 province. Ciò per prevenire nuovi massacri a sfondo politico, dopo quello avvenuto lo scorso 23 novembre a Maguindanao, costato la vita a 57 persone. La legge è in vigore da ieri e ci resterà fino al prossimo 9 giugno. Una speciale Commissione elettorale (Comelec) g…
In vista delle elezioni di maggio, il governo filippino sancisce il bando delle
armi in tutto il Paese. Oltre 50mila tra poliziotti e militari sono stati
schierati in 3500 posti di blocco distribuiti su 15 province. Ciò per prevenire
nuovi massacri a sfondo politico, dopo quello avvenuto lo scorso 23 novembre a
Maguindanao, costato la vita a 57 persone. La legge è in vigore da ieri e ci
resterà fino al prossimo 9 giugno. Una speciale Commissione elettorale
(Comelec) guiderà la polizia e le altre autorità pubbliche, avrà anche il
potere di promuovere e sospendere i pubblici ufficiali al fine di evitare le
frodi denunciate nelle passate elezioni del 2004 e del 2007. Secondo i dati
forniti dal responsabile delle operazioni di polizia, Andres Caro II, sono già
71 le persone arrestate grazie all’applicazione della legge sul bando. Tra
questi, anche 6 militari e 5 poliziotti.
«Per la Chiesa, la cultura dell’impunità deve essere combattuta completamente,
non basta solo un bando delle armi», ha affermato Dinualdo Gutierrez, vescovo
di Marbel (Mindanao). «In ogni periodo elettorale il governo ha aumentato le
misure di sicurezza e il controllo sul traffico di armi», continua il prelato,
«ma gli omicidi sono sempre continuati. Se le autorità non hanno la volontà di
applicare sul serio la legge, le elezioni pacifiche resteranno un sogno». La
chiesa ha lanciato un programma educativo per indurre la popolazione di
Mindanao a denunciare quei candidati che possiedono armi ed eserciti privati.
Nonostante il problema interessi tutto il Paese, la maggior parte delle aree a
rischio sono concentrate nella regione a maggioranza musulmana di Mindanao, da
quarant’anni teatro del conflitto tra esercito filippino e ribelli islamici del
Milf (Moro islamic liberation front) e il gruppo terroristico di Abu Sayyaf. In
questi anni, il clima di anarchia dell’isola e, soprattutto, il continuo
traffico di armi, ha permesso ai leader politici di assoldare eserciti privati
per mantenere il potere nelle province poste sotto il loro controllo.