Il conservazionista e istruttore di ranger antibracconaggio in Africa, Davide Bomben, spiega i motivi della strage di elefanti in Botswana
Botswana, un Paese paradiso, un luogo meraviglioso dove vive un terzo dell’intera popolazione di elefanti di savana. In questo angolo d’Africa troviamo insieme luoghi sensazionali come il Chobe national park, l’area di Moremi e di Lynianti e soprattutto l’incredibile ecosistema del delta dell’Okavango, forse uno dei territori africani più belli per paesaggi e safari turistici. Sì, esatto, safari naturalistici dove gli animali non temono la presenza dei cacciatori visto che la caccia in Botswana è stata bandita nel 2014.
Cosa è accaduto però nel 2018, dove in pochi mesi sono state trovate le carcasse, molte prive di zanne, di 87 elefanti e ben 5 rinoceronti senza le corna? Secondo i grandi conservazionisti del Botswana (come Martin Ives, da noi tutti conosciuto come Map, il coordinatore generale dei rinoceronti del Botswana e come Derek Joubert, conservazionista e regista National Geographic proprietario di lodge proprio nel delta dell’Okavango) non esiste un solo motivo, ma una serie di situazioni che hanno portato a questo scempio. Lo stesso Mike Chase, direttore dell’organizzazione Elephants without borders che ha per prima lanciato l’allarme, non sa dare una sola causa al problema.
Da conservazionista e istruttore di ranger in 7 Paesi africani posso dire che le motivazioni sono effettivamente più di una. Conosco intimamente il Botswana e collaboro con piacere presso una bellissima riserva, al confine con il Sudafrica, la Limpopo-Lipadi, e so benissimo che in Botswana le leggi vengono fatte rispettare e non si scherza con i crimini ambientali, ma qualcosa è cambiato. Cerchiamo di analizzare cosa…
Da una parte qualcuno sostiene che sia colpa del bando della caccia avvenuto nel 2014, il turismo dei safari fotografici forse non è riuscito a rimpiazzare i 20 milioni di dollari del business della caccia creando qualche crepa nelle inossidabili maglie della giustizia (nel 2013 il turismo della caccia rappresentava l’11% del fatturato del turismo da safari turistico con un rapporto di 230 mln di dollari per safari turistici e di 25 mln di dollari per safari di caccia).
Altri puntano il dito sul cambio del vertice della politica del Botswana e sul disarmo dei ranger governativi. Dal 1° maggio non è più presidente Ian Khama colui che, negli anni Ottanta, impose le armi ai ranger e dispiegò 800 soldati della Botswana Defence Force (Bdf) per difendere la Natura del suo paese. Il nuovo presidente Mokgweetsi Masisi, notando che non esisteva una vera legge che desse ai ranger dei parchi l’autorizzazione di essere armati, li ha disarmati completamente, lasciando ai solo più 600 soldati della Botswana Defence Force (che hanno una politica dello shoot-to-kill molto discussa, ma forse efficace) il compito di usare l’extrema ratio armata. I ranger, adesso disarmati, sono attivi soprattutto nelle zone dove il turismo è più presente, esattamente come le aree del delta dell’Okavango dove sono state trovate le carcasse degli elefanti, la mancanza di armi potrebbe aver ingolosito qualcuno che ne ha approfittato.
Altri esperti invece parlano di una naturale evoluzione e transumanza del bracconaggio. Ovvero lo spostamento dei flussi illegali dai Paesi limitrofi, dove gli elefanti iniziano a scarseggiare, al Botswana dove invece sono presenti circa 130.000 elefanti, ovvero un terzo dell’intera popolazione africana degli elefanti di savana. I Paesi limitrofi o vicini come Angola, Namibia, Zambia e Zimbabwe (non parliamo del Mozambico) stanno velocemente perdendo intere popolazioni di elefanti (e non solo) a causa del bracconaggio e del conflitto uomo-animale, questo ha creato i presupposti per “vagare” da altre parti alla ricerca di facili prede.
Io ho invece una visione d’insieme più ampia e credo che ognuna delle precedenti cause sia da tener presente poiché, ed è evidente, la domanda di avorio e di corna di rinoceronte non è diminuita ma si è solo assestata ed evoluta. La Cina ha messo al bando il mercato di avorio, ma Myanmar e Giappone non lo hanno fatto, il Viet Nam è il nuovo mercato della cheratina delle corna di rinoceronte e gli oltre 60 miliardi di dollari che la Cina "donerà all’Africa” sicuramente non sono un buon presagio per la conservazione della Natura. Noi di Aiea e Ppa continuiamo a lavorare incessantemente, abbiamo presidi formativi in Namibia, Sudafrica, Botswana, Kenya, Congo e da settembre anche in Malawi dove la volontà di “preservare la Natura” è diventata il nuovo dogma.
Davide Bomben, presidente Associazione Italiana Esperti d’Africa (www.espertiafrica.org), training master Poaching Prevention Academy
(www.poachingpreventionacademy.org)