La Cassazione torna a pochi mesi di distanza a giudicare sui bossoli militari sparati, con una sentenza che rovescia completamente (e saggiamente) le conclusioni draconiane della precedente
Sono passati solo pochi mesi dall’ultima sentenza della Cassazione sui bossoli militari, ma sembra che siano passati anni, per quanto distanti sono le conclusioni alle quali è pervenuta la suprema corte di legittimità con sentenza 11197 del 18 febbraio 2020 (depositata il 2 aprile) rispetto alla precedente. Tra l’altro parliamo della medesima sezione penale, la prima.
Sostanzialmente, nella sentenza depositata pochi giorni fa, vengono enunciati alcuni principi fondamentali che scardinano le conclusioni draconiane alle quali era giunta la sentenza precedente: in altre parole, i bossoli militari non sono “sempre” munizioni da guerra, bensì per essere considerati tali, occorre che si verifichi la loro riutilizzabilità che non è un concetto meramente astratto, ma deve invece essere valutato in concreto: “la astratta possibilità di riutilizzo del bossolo esploso non costituisce, per ciò solo, una situazione di fatto idonea a configurare un pericolo concreto per l’ordine pubblico e per la pubblica incolumità – costituente la ratio della disciplina vigente in tema di detenzione e porto illegale di armi – legato al possibile riuso del medesimo, apparendo necessario verificare la effettiva possibilità di una agevole riutilizzazione di esso nel corpo di una nuova munizione”, si legge nella sentenza, “né appare privo di significato, ai fini di una valutazione della concretezza di tale pericolo, il peculiare contesto nel quale la detenzione dei bossoli si inserisce e la possibilità di inferirne, da tale aspetto, la probabile riutilizzazione; essendo all’evidenza ben diverso il caso di chi detenga, occultati e dunque in maniera clandestina, numerosi bossoli esplosi, unitamente ad armi, a munizioni e polvere da sparo, da chi invece detenga, accessibili alla vista, pochi bossoli riconducibili a una specifica e ben riconoscibile situazione (ad es. souvenir del servizio militare et similia)”. Posizione sostenuta peraltro già da tempo in dottrina dal professor Ivan Russo (Armi, esplodenti, munizioni, Giuffré 2018).
Nella sentenza, come peraltro da noi sempre sostenuto, si conferisce peraltro una dignità anche alla famosa circolare del 1999 del ministero dell’Interno, non già (ovviamente) in contrapposizione alle leggi che governano la materia, bensì in qualità di “interpretazione autentica” circa l’approccio da avere sulla valutazione dei bossoli in questione: “né potrebbe opinarsi che la menzionata circolare 2 marzo 1999 sia priva di rilevanza in ragione della sua natura giuridica, che non le consentirebbe di derogare la norma incriminatrice, atteso che le determinazioni, sul punto, del Ministero dell’Interno non rilevano per la forza cogente del relativo atto giuridico, quanto piuttosto per l’elemento di intrinseca ragionevolezza secondo cui dal mero fatto dell’esistenza del bossolo esploso non può trarsi alcuna indicazione circa la sua destinazione e per l’ovvia considerazione che, al fine della sua individuazione, non può certo farsi riferimento all’originaria destinazione, non attenendo alla concreta dimensione offensiva della condotta la considerazione di una funzione dell’oggetto che sia, in ipotesi, ormai mutata”.
Per leggere il testo integrale della circolare (le parti di interesse sono in grassetto, CLICCA sul pdf allegato qui sotto).