Saranno anche migliaia di normalissimi fucili da caccia a rischiare la messa al bando con l’attuale formulazione, perlomeno sciatta, del decreto “proibizionista” voluto dal primo ministro canadese Trudeau
L’allarme è stato lanciato dalle due principali associazioni di categoria, la Canadian sporting arms and ammunition association (Csaaa) e la Canadian shooting sports association (Cssa), che congiuntamente chiedono l’immediato ritiro del decreto voluto dal primo ministro canadese Justin Trudeau e dal ministro Bill Blair ed entrato in vigore lo scorso 1° maggio. Il decreto si propone in teoria la messa al bando delle armi “di aspetto militare”, cosa che, peraltro, sarebbe già grave in sé, visto che questo provvedimento viene millantato che sia in risposta alla strage di massa compiuta da un folle poche settimane fa, quando però il folle in questione si era munito di armi illegali. Al di là di questo aspetto, sta di fatto che la formulazione attuale del decreto rischia di andare ben oltre le intenzioni: secondo quanto segnalato dalle associazioni, infatti, c’è in particolare una norma, quella che mette al bando le armi con un diametro della canna superiore a 20 millimetri, che potrebbe coinvolgere nella messa al bando virtualmente migliaia di modelli di normalissimi fucili da caccia calibro 12 e calibro 10 (il calibro 10 è ammesso in Canada e anche negli Stati Uniti per la caccia). In particolare per quanto riguarda il calibro 12, rientrerebbero nel divieto tutti i fucili dotati di strozzatori amovibili, nei quali il diametro della volata, rimosso lo strozzatore, risulta appunto superiore ai 20 mm. Le associazioni stimano che le armi di questo tipo nelle mani dei cittadini canadesi siano tra un milione e mezzo e due milioni. Altra misura decisamente bislacca, è quella del limite di energia cinetica di 10 mila joule sviluppata dal calibro dell’arma: ben lungi dall’avere effetti sulla messa al bando di armi “military style”, questa norma avrà invece il risultato di comportare la scomparsa di importanti e pregiate carabine per il safari (cioè la caccia, non la “guerra”…), il cui impiego criminale è virtualmente sconosciuto in tutto il mondo, per l’ovvia ragione che a una elevata potenza della cartuccia fa riscontro una bassa autonomia di fuoco e una evidente difficoltà di sparare più colpi in rapida successione.
La domanda da porsi è a questo punto se i risultati evidentemente grotteschi ai quali si giunge con una applicazione estensiva del decreto siano semplicemente il frutto di inettitudine, o se invece costituiscano un “effetto collaterale” in qualche modo gradito da parte dei promotori.
Di certo c’è che non brilla per rispetto della democrazia un provvedimento di messa al bando di ampie categorie di armi, disposto tramite un decreto dal primo ministro che governa non solo con un governo di minoranza sostenuto tramite alchimie politiche, ma anche con una premiership caratterizzata dalla minor percentuale di consensi mai riscontrata in tutta la storia canadese.