A ormai quasi tre anni da quando il premier canadese Justin Trudeau ha messo al bando, in Canada, oltre 1.500 modelli di armi ritenute “d’assalto”, ancora non sembra essere pronta una soluzione praticabile per procedere al buyback, cioè al riacquisto delle armi vietate da parte del governo, con indennizzo nei confronti dei cittadini legali detentori. Anche senza considerare che l’elenco delle armi vietate potrebbe crescere e di molto, nel momento in cui fosse approvata la definizione di “arma d’assalto” attualmente al vaglio del parlamento (emendamento C-21), il programma di riacquisto si annuncia non solo oneroso economicamente, ma anche difficile da attuare proprio da un punto di vista strettamente logistico. In particolare, sia la polizia a cavallo federale (Rcmp), sia le polizie locali delle province autonome, hanno già messo in chiaro (anche tramite la Canadian association of chiefs of police) di non avere né la volontà, né le risorse per occuparsi della questione, considerando in particolare che il problema sarebbe, secondo loro, di tipo “amministrativo” più che “di polizia”. Per questo motivo il ministro per la sicurezza pubblica, Marco Mendicino, ha dichiarato in una recente conferenza stampa che il governo sta valutando “una varietà di opzioni” per realizzare il programma di riacquisto, perché l’obiettivo è quello di “realizzarlo bene”. Secondo Mendicino, il processo decisionale “coinvolgerà una serie di parti interessate e partner critici, comprese le forze dell’ordine, ma stiamo anche lavorando con altri livelli di governo e con potenziali terze parti”. Secondo il Toronto Sun, oltre alla polizia a cavallo, anche le forze armate e il servizio postale avrebbero già comunicato la loro indisponibilità a occuparsi del problema.