Moa, Mil, primo piano focale, pupilla d’uscita: sono molti i termini tecnici legati ai cannocchiali di puntamento e il neofita potrebbe perdersi per strada… ecco un compendio sintetico e semplice per districarsi
A caccia o nel tiro sportivo con la carabina, i cannocchiali di puntamento sono ormai un elemento irrinunciabile. Spesso, tuttavia, neofiti e anche non tanto neofiti si perdono tra sigle e termini tecnici e la scelta dello strumento più idoneo per le proprie necessità risulta non sempre consapevole e non sempre semplice. Ecco perché conviene fare un minimo di glossario tecnico sui termini “cannocchialeschi”.
Partiamo innanzi tutto dalla convenzione con la quale vengono “battezzate” le ottiche. Al di là dei vari nomi commerciali, come possono essere Victory, Platinum eccetera, il “nome” del cannocchiale è determinato da una serie di numeri, nei quali i primi definiscono l’ingrandimento, il secondo invece il diametro dell’obiettivo (cioè della lente davanti). Per esempio, se l’ottica si “chiama” 7×50, significa che ha 7 ingrandimenti fissi e un diametro dell’obiettivo di 50 mm. Se invece si “chiama” 6-24×50, significa che ha la possibilità di zoom tra un minimo di 6 e un massimo di 24 ingrandimenti e ha un obiettivo di 50 mm.
Moa e Mil sono i due termini chiave quando si vuole quantificare lo spostamento del reticolo per ciascun click apportato a una delle ghiere di regolazione. Il Moa è una misura anglosassone, l’acronimo significa “Minute of angle” o Minuto d’angolo, è una misura angolare che corrisponde a un pollice a 100 yard e a 29,1 mm a 100 metri. Se, quindi, sulla ghiera di regolazione c’è scritto che a ogni click corrisponde uno spostamento di mezzo Moa, significa che per ogni click a 100 metri il punto di impatto si sposterà di 14,55 mm (cioè 29,1 diviso 2). Se c’è scritto che a ogni click lo spostamento è di un quarto di Moa, il punto di impatto si sposterà di 7,275 mm (29,1 diviso 4). E così via. Se il bersaglio è a 200 metri, lo spostamento del punto di impatto sarà ovviamente doppio rispetto a 100 metri, quindi, un Moa corrisponderà a 58,2 mm.
Il Mil, o Mrad, è il milliradiante, o millesimo di radiante. Normalmente le ottiche che “ragionano” in Mil o Mrad prevedono click di 1/10 di Mil, che corrispondono a uno spostamento del punto di impatto di 1 centimetro a 100 metri.
Nelle schede tecniche dei cannocchiali sono presenti alcuni termini tecnici che possono aiutare a definire le proprietà ottiche dello strumento. Tra questi, uno dei più diffusi e utilizzati è la pupilla d’uscita, che si ottiene dividendo il diametro dell’obiettivo per il fattore di ingrandimento. Più grande sarà la pupilla d’uscita più facile sarà la visione del bersaglio in condizioni di bassa luminosità, tenendo però presente che la pupilla umana ha la possibilità di dilatarsi fino a un diametro massimo di circa 7 mm e, quindi, una pupilla d’uscita più grande difficilmente avrà un riscontro pratico. Va anche detto che la luminosità dello strumento dipende anche dalla qualità delle lenti e dei relativi trattamenti superficiali, nonché dal numero di lenti presenti nello strumento (perché ogni lente è una superficie attraverso la quale una percentuale seppur minima di luce viene riflessa anziché essere trasmessa all’occhio).
Il fattore crepuscolare è un altro indicatore della capacità dello strumento di offrire una visione di qualità in condizioni sfavorevoli di luce, che si ottiene moltiplicando il diametro dell’obiettivo per il fattore di ingrandimento e poi estraendo la radice quadrata al prodotto così ottenuto.
La distanza focale è la distanza alla quale deve trovarsi l’occhio del tiratore rispetto alla lente dell’oculare, per avere il miglior campo visivo. Generalmente è tra i 60 e i 100 mm, perché una distanza inferiore rischia di far impattare il bordo dell’oculare contro l’arcata sopracciliare del tiratore a causa del rinculo, con conseguenti lesioni. Ovviamente esiste un minimo di tolleranza avanti e indietro, a destra e a sinistra, entro la quale l’occhio comunque riesce ad avere un campo visivo corretto: questa “tolleranza” viene talvolta definita, con termine poco traducibile, “eyebox“.
In un cannocchiale di puntamento, semplificando al massimo, reticolo e immagine del bersaglio non giacciono sullo stesso piano e, quindi, potrebbero non apparire a fuoco nel medesimo istante. In molte ottiche da caccia o da tiro, il costruttore prevede una specifica distanza del bersaglio nella quale reticolo e bersaglio medesimo vengono visualizzati a fuoco simultaneamente. In quel caso si dice che l’ottica ha parallasse fissa. Se però il bersaglio si trova a una distanza sensibilmente inferiore o superiore rispetto a quella di regolazione della parallasse, il reticolo apparirà non perfettamente a fuoco e, se non si ha il proprio asse ottico perfettamente centrato con l’asse ottico del cannocchiale, il reticolo potrà avere anche una posizione apparente diversa. Le ottiche progettate specificamente per il tiro hanno generalmente la possibilità di regolare la parallasse sulle differenti distanze, consentendo quindi di avere il reticolo perfettamente “giusto” sul bersaglio, qualsiasi sia la distanza alla quale si trova. La regolazione della parallasse avviene secondo due modalità: la prima è realizzata tramite una ghiera concentrica all’obiettivo, in tal caso le ottiche spesso presentano un suffisso “Ao” (adjustable objective) oltre agli altri numeri che compongono il loro nome. Per esempio, 3-12×40 Ao significa che l’ottica ha uno zoom da 3 a 12 ingrandimenti, un obiettivo di 40 mm e parallasse regolabile tramite ghiera concentrica all’obiettivo. Le ottiche più sofisticate e costose, invece, hanno la parallasse regolabile tramite una ghiera laterale, normalmente sul lato sinistro in posizione centrale, vicino alle ghiere per la regolazione del punto di impatto. In tal caso molti produttori aggiungono il suffisso “Sf” (Side focus) al nome dell’ottica, per esempio 6-24×50 Sf. Nelle ottiche più sofisticate, la ghiera per la regolazione della parallasse è talmente precisa da consentire di determinare la distanza del bersaglio nel caso in cui tale distanza non sia nota: si traguarda il bersaglio, si ruota la ghiera fino ad avere bersaglio e reticolo perfettamente a fuoco, quindi si legge l’indicazione della distanza riportata sulla ghiera, che sarà tanto più vicina a quella reale tanto più sofisticata e costosa sarà l’ottica.
Nei cannocchiali a ingrandimento variabile, il reticolo può essere posizionato dal produttore sul primo o sul secondo piano focale. La differenza è che se il reticolo si trova sul primo piano focale, si ingrandirà o rimpicciolirà proporzionalmente al variare dell’ingrandimento; se si trova sul secondo piano focale, resterà sempre delle medesime dimensioni al variare dell’ingrandimento. Molti produttori di ottiche oggi indicano il reticolo sul primo piano focale con la sigla Ffp (first focal plane) e sul secondo piano focale con la sigla Sfp (Second focal plane).
Quale soluzione è migliore? Dipende. Un reticolo sul primo piano focale può risultare troppo spesso e coprente il bersaglio se l’ottica viene utilizzata al massimo ingrandimento. Per contro, un reticolo sul secondo piano focale dotato di riferimenti per la stima della distanza (come i vari Mil-dot e derivati) potrà essere utilizzato per la stima delle distanze solo a uno specifico ingrandimento previsto dal produttore (per esempio 10x). Ciò sapendo, la scelta verrà operata in funzione delle esigenze personali.