Sta lasciando il Paese intero sotto shock la tragedia verificatasi ad Ardea, paese della città metropolitana di Roma, dove Andrea Pignani, ingegnere informatico con problemi mentali, ha aperto il fuoco in strada uccidendo due bambini di 5 e 10 anni (pare dopo un litigio per futili motivi con il padre) e un pensionato di 74 anni. Una quarta persona, fatta oggetto di colpi, è riuscita a scamparla senza conseguenze. Il pazzo si è quindi barricato in casa e ha poi rivolto l’arma su di sé, quando le forze dell’ordine hanno fatto irruzione lo hanno trovato già morto.
Numerose segnalazioni
Il soggetto a quanto pare aveva manifestato numerosi segnali di disagio psichico: era stato oggetto di un Trattamento sanitario obbligatorio dopo aver aggredito la madre (con un coltello, però) e in alcune occasioni pare che i vicini avessero presentato denunce e segnalazioni per essere stati minacciati dal soggetto, anche con una pistola, che lo stesso aveva scaricato in aria in diverse occasioni. C’è il dubbio che in quelle circostanze lo strumento utilizzato fosse in realtà una scacciacani. Sta di fatto, comunque, che evidentemente a questi eclatanti segni di squilibrio non siano seguiti accertamenti adeguati da parte delle forze dell’ordine, in particolare in relazione alla natura dell’arma da lui impugnata. Che, purtroppo, invece nel tragico e insensato epilogo della sua vita era vera, non una scacciacani, a quanto pare secondo le notizie finora diffuse, di proprietà del padre, ex guardia giurata, scomparso lo scorso novembre.
La falla nella burocrazia
Di fronte a questi fatti, si cerca il colpevole, che al di là dell’autore effettivo del gesto è, evidentemente, chi abbia potuto armare la sua mano. La politica non ha mancato di evidenziare la sua superficialità sull’argomento, con un bovino e pressoché immediato Tweet dell’europarlamentare Carlo Calenda (“Troppe armi da fuoco in giro”. Bravo, uno sforzo erculeo di analisi del problema).
In realtà, la tragicità di questa vicenda evidenzia una clamorosa falla nella burocrazia italiana che, peraltro, noi di Armi e Tiro abbiamo già evidenziato in altre occasioni. La falla è rappresentata dalla apparente incapacità, assoluta, da parte dell’autorità di pubblica sicurezza (quindi dal ministero dell’Interno a scendere fino alla piccola stazione periferica dei carabinieri) nei confronti della gestione mortis causa delle armi legalmente detenute.
In altre parole e per essere più chiari: quando un cittadino italiano muore, nel XXI secolo si verificano alcuni automatismi, determinati dal fatto che la maggior parte delle pubbliche amministrazioni condividono e scambiano le proprie informazioni per via telematica. Così, per esempio, una volta che viene accertato il decesso, si procede immediatamente ad avvisare l’Inps che, sempre in automatico, sospende l’erogazione della pensione. Allo stesso modo viene avvisata l’anagrafe.
In realtà, alcuni esempi di questa interconnessione delle informazioni si possono avere anche quando si è in vita: quando, per esempio, si cambia indirizzo di residenza, l’anagrafe del comune provvede ad avvisare per via telematica l’ufficio elettorale e la motorizzazione civile, che provvedono a inviare al nuovo indirizzo gli autoadesivi da applicare sul libretto di circolazione e sulla scheda elettorale, con i dati aggiornati.
Quando, tuttavia, il deceduto è un legale detentore di armi, la questione si “inceppa”. L’anagrafe non avvisa l’autorità di pubblica sicurezza e, di conseguenza, polizia e carabinieri possono anche ignorare il decesso del detentore di armi per anni, se non addirittura per decenni. Certo, è ovvio, in capo agli eredi la legge impone un ben preciso obbligo, che è quello di denunciare il rinvenimento dell’arma del deceduto. Ma è possibile, ci domandiamo noi, che oggi, nel XXI secolo, con la digitalizzazione pressoché totale di tutti gli aspetti che riguardano il cittadino nei rapporti con la burocrazia, oggi che è possibile ottenere la certificazione dell’avvenuta vaccinazione anti-covid sul proprio telefonino, un aspetto importante come la gestione mortis causa di un’arma (o di una collezione di armi) debba essere devoluta alla buona volontà e all’onestà degli eventuali eredi? Chi sono, questi eredi? Sono persone sane di mente? Sono persone oneste? O piuttosto l’arma può prendere la strada della criminalità e “scomparire dai radar”?
Con il decreto legislativo 104 del 2018 è stata disposta la creazione di un sistema informatico per la tracciabilità delle armi da fuoco, che dovrebbe peraltro dialogare e interconnettersi con analoghi sistemi creati negli altri Paesi europei, come previsto dall’entrata in vigore della direttiva europea 2017/853. L’entrata in funzione di questo sistema dovrebbe consentire di prevenire l’accadere di questi fatti, a patto che le informazioni siano interconnesse con quelle degli altri sistemi della pubblica amministrazione, è quindi auspicabile che entri in funzione nel più breve tempo possibile.