Cervi decimati nel Parco dello Stelvio
Allarme rosso per i cervi del Parco nazionale dello Stelvio. Dopo la fame patita in queste settimane a causa delle abbondanti precipitazioni nevose che ha causato la morte di stenti degli esemplari più deboli, una nuova, pesante minaccia sta colpendo numerosi soggetti: la paratubercolosi, una malattia contagiosa che nella maggior parte dei casi non lascia scampo. A lanciare l’allarme gli esperti dell’Istituto zooprofilattico di Sondrio: «Abbiamo accertato che il 15 pe…
Allarme rosso per i cervi del Parco nazionale dello Stelvio. Dopo la fame
patita in queste settimane a causa delle abbondanti precipitazioni nevose che
ha causato la morte di stenti degli esemplari più deboli, una nuova, pesante
minaccia sta colpendo numerosi soggetti: la paratubercolosi, una malattia
contagiosa che nella maggior parte dei casi non lascia scampo. A lanciare l’
allarme gli esperti dell’Istituto zooprofilattico di Sondrio: «Abbiamo
accertato che il 15 per cento della popolazione di cervi è morta a causa di
questa malattia infettiva cronica. Solo il 2 per cento è riuscito a superare la
fase critica». L’epidemia sta colpendo soprattutto gli esemplari più gracili.
Ma non solo quelli purtroppo. La paratubercolosi ha buon gioco nella diffusione
del contagio anche a causa delle massicce nevicate che hanno provocato serie
difficoltà agli animali per procurarsi cibo e anche i più forti accusano la
mancanza di cibo. «Avviene», spiegano gli esperti, «che esemplari sani e
ammalati si radunino nelle poche zone non coperte dalla neve per procacciarsi
cibo. In questo modo scatta la più facile e rapida diffusione del focolaio di
contagio». Una situazione grave che sta preoccupando i responsabili dell’
Istituto zooprofilattico. «La malattia», continuano, «si trasmette non solo tra
animali selvatici ma anche tra animali selvatici e domestici. Proprio per
questo la Forestale da giorni sta monitorando dall’alba al tramonto i numerosi
gruppi di cervi che sempre più spesso scendendo a valle si avvicinano alle
case».
Uno dei i primi interventi per ridurre il contagio potrebbe essere quello di
posizionare balle di fieno in diversi punti del Parco al fine di evitare
concentramenti di esemplari. Ma i funzionari del Parco, a differenza di altre
regioni d’Italia come il Veneto, il Friuli e il Trentino Alto Adige che hanno
predisposto vere e proprie task force per portare in alta quota, anche con l’
ausilio di elicotteri, il cibo, hanno sempre escluso questa possibilità.