Coldiretti Firenze sulla necessità di allungare la stagione di caccia

Roberto Nocentini, presidente interprovinciale toscano di Coldiretti ha chiesto che siano prese misure urgenti per ridurre considerevolmente l’impatto della fauna selvatica sulle coltivazioni. Anche allungando la stagione venatoria. Immancabili le critiche, alle quali ha risposto con una lettera degna di nota.

 

Roberto Nocentini (nella foto), presidente interprovinciale toscano di Coldiretti ha chiesto che siano prese misure urgenti per ridurre considerevolmente l'impatto della fauna selvatica sulle coltivazioni. Secondo le stime di Coldiretti in Toscana sono presenti 140.000 caprioli, 150.000 cinghiali, 10.000 daini, 3.000 cervi e 2.000 mufloni. A  provocare danni agli agricoltori sono anche migliaia di storni e piccioni. Praticamente un esercito che "divora" qualcosa come 4 milioni di quintali di alimenti verdi, pari a 20 milioni di euro – secondo i dati Coldiretti – di foraggere all'anno.
Nel documento presentato da Coldiretti si suggerivano l'innalzamento del tetto di prelevamenti e dei piani di abbattimento, l'anticipazione e l'allungamento del periodo di caccia, la possibilità, nelle aree non vocate, in presenza di danni alle colture, di prevedere l'intervento diretto dell'agricoltore o in alternativa di personale abilitato al controllo della fauna.
Naturalmente, apriti cielo da parte delle organizzazioni animaliste e ambientaliste e anche da parte di provati cittadini che hanno giudicato irragionevoli gli associati di Coldiretti. Degna di menzione la lettera di risposta firmata da Roberto Nocentini:
La corretta gestione della fauna selvatica è certamente una questione delicata e complessa, perchè coinvolge sensibilità, convinzioni e interessi differenti. Non è facile trovare il giusto equilibrio tra quanti si impegnano con passione ed entusiasmo nella difesa degli animali, chi ama e pratica la caccia e coloro che, come gli imprenditori che noi rappresentiamo e tuteliamo, vivono di agricoltura e di allevamento. Tutti, legittimamente, rivendicano ascolto e attenzione da parte delle istituzioni chiamate a governare il settore, con la definizione di normative e provvedimenti adeguati.
Il problema? Esplode quando le regole (o la loro applicazione) si presentano insufficienti e inconcludenti. Proprio come è accaduto nella nostra e in altre regioni.
In Toscana, la mancanza di una legge efficace prima, le carenze degli interventi adottati poi, hanno consentito la crescita esponenziale dei selvatici: oggi sul territorio (secondo dati regionali) vivono circa 300 mila esemplari, un numero di animali insostenibile che ha portato gli stessi amministratori a definire la situazione straordinaria, una vera e propria emergenza, a cui si sta cercando di porre rimedio.
Prima ancora di mettere a rischio le imprese agricole, infatti, l'eccessiva proliferazione degli ungulati ha creato danni, in alcuni casi irreversibili, all'ambiente. La piccola selvaggina è stata spazzata via, la biodiversità risulta annullata, gli ecosistemi appaiono devastati. Ma sono a rischio anche il nostro patrimonio forestale e le sistemazioni tradizionali che rendono unico il nostro territorio (come i muri a secco).
Adesso i selvatici fuori controllo, che si spingono fino all'interno dei centri abitati e alle porte della città a caccia di cibo, creano pericoli reali anche per la salute (diffusione di epidemie) e la pubblica incolumità.
Avrà certamente letto che il numero degli incidenti stradali causato dall'attraversamento degli animali è tutto in crescita, come in crescita sono i danni economici e biologici sopportati dalle vittime dei sinistri e dall'intera collettività. L'agricoltura inevitabilmente paga le conseguenze più gravi di una situazione che, da tempo, ha perso i contorni della normalità.
Ogni giorno ci giungono segnalazioni di colture e impianti devastati, di produzioni andate perdute, di aziende messe in seria difficoltà da invasioni preoccupanti e difficilmente contenibili di selvaggina.
Nelle campagne si è raggiunta l'esasperazione. Questo preoccupante scenario lo abbiamo rappresentato agli amministratori pubblici, regionali e provinciali, con l'invito ad affrontare il problema.
Coldiretti, ci consenta la correzione, non è un'organizzazione composta da persone irragionevoli che teorizzano lo sterminio della fauna selvatica. Rappresenta agricoltori che rivendicano il loro legittimo diritto a fare impresa, che si impegnano a difendere l'ambiente e il paesaggio, si adoperano per produrre alimenti sani e genuini da portare al consumatore anche direttamente (per abbattere le intermediazioni, ma soprattutto i lunghi trasporti e gli effetti negativi che questi possono avere sul clima e l'inquinamento). I nostri agricoltori sono cittadini di "buonsenso" che chiedono a chi ha competenza in materia di produrre regole di "buonsenso", capaci di tutelare gli interessi di tutti e di garantire interventi ad hoc per uscire quanto prima dalla fase di emergenza.