Si è aperta una vera battaglia, a parole, per una nota finction mandata in onda dalla Rai nella quale un certo numero degli abitanti di una zona contestavano un impianto eolico messo a poca distanza dalle loro abitazioni, adducendo il rumore molesto delle pale rotanti e le vibrazioni che scaturivano dalle torri. L’Anev, associazione delle imprese italiane dell’eolico, ha vivacemente contestato alla Rai tale trama in quanto, come dichiarano “si è perpetrato un attacco esplicito e ingiustificato nei confronti del settore eolico” e che “è menzognero parlare di rumore molesto delle turbine, che corrisponde solo all’attrito dell’aria con le pale e con le torri di sostegno, e che le moderne tecnologie hanno ridotto al massimo”. Quindi anche loro riconoscono implicitamente che il rumore c’è. Su tali problemi, non entrando nel contesto della fiction, ci permettiamo di dire la nostra visto che per 35 anni eliche e motori, quindi alberi rotanti a turbina e turboelica, sono stati il nostro lavoro e pane quotidiano. Con annessi tutti i problemi derivanti. Dichiarare che una pala che ruota non produca rumore potrebbe essere facilmente contestato soltanto ascoltando, il ventilatore di casa. Le pale eoliche, che hanno diametri ben oltre il semplice suddetto ventilatore, arrivando oggi anche a 70-80 metri l’una, hanno un profilo assimilabile all’ala di un aereo. Naturalmente, mentre un profilo di quest’ultimo sfrutta un gioco di pressioni e depressioni atte a permetterne la portanza e il volo, in questo caso serve a ottimizzare la spinta del vento per consentire la rotazione della pala, quindi il suo spostamento. Ma su questo pianeta, sfortunatamente per le ditte installatrici ma anche fortunatamente, esiste l’atmosfera. Per cui la massa d’aria ha una certa densità. E l’impatto con le pale eoliche rotanti produce rumore di flusso d’aria dato dai fluidi che investono le superfici della pala, si separano, poi scorrono sui due lati, si riuniscono dietro rimescolandosi tra loro e creando sempre un gioco di pressione e depressione. E permettendo la rotazione del rotore. Impossibile togliere il rumore. Anche se le ditte fanno del tutto per annullarlo. Arrivando poi alle vibrazioni, un simile rotore, sorretto da un solo totem, non può non innescare anche vibrazioni. Che le ditte devono accuratamente calcolare, pena la rottura dello stesso, in quanto proprio l’elasticità del sistema ne garantisce la sopravvivenza. Come le ali di un aereo che alle estremità hanno anche oscillazioni di metri, se si viaggia in una media turbolenza. Se fossero rigide si spezzerebbero immediatamente sotto le sollecitazioni. Ma il meglio deve ancora venire.
La suddetta associazione ha infatti dichiarato che l’accusa di danni all’avifauna è stata superata, in quanto l’Ispra avrebbe dichiarato che la mortalità è uguale a quella dell’impatto con auto e con pali della luce e del telefono. Esistono al riguardo (ne abbiamo già scritto, ma i dati sono facilmente rintracciabili da chiunque) moltissimi studi sui danni nei confronti degli uccelli specialmente migratori. E anche su specie di pipistrelli, richiamati dalle grosse masse di insetti convogliati e compattati nei vortici dei rotori. Ma siccome i migratori sfruttano proprio le correnti che si instaurano nei valichi, proprio dove vengono messe le pale eoliche, per lo stesso motivo il problema esiste ed è attuale. Infatti per sfruttare i flussi, i rotori debbono essere messi dove i venti sono più forti. Mentre i volatili morti sulle strade sono principalmente cornacchie e passeri, che vivono di rifiuti dei passaggi umani. Mentre i migratori non si muovono a un paio di metri sulle strade. E certo non al suolo dove, come si sa, la velocità dello strato limite, alla pari sempre di un profilo di ala di un aereo, è zero. Anche qui sono disponibili video e ricerche con rinvenimento di uccelli morti o mutilati. Non parliamo poi dei danni ambientali dati da opere di scavo, piattaforme di cemento grandissime e profonde con strade per mezzi pesanti atti a effettuare manutenzione, trasporto dei pezzi da montare, torri e pale eoliche, con gru di massima lunghezza.
La società anche su questi aspetti si difende, dicendo che il Wwf interpellato ha sentenziato, al pari dei Jova beach, che tali impatti negativi sugli uccelli sono inferiori ai benefici che le pale portano rispetto al cambiamento climatico. Che significa? Ma chi glielo ha detto? O assicurato? Allora i morti ci sono, ma qualcuno sostiene che siano un “danno collaterale necessario”?. Quando, aziende e associazioni smetteranno di richiedere pareri a un club privato che non ha nessuna, ribadiamo nessuna, voce in capitolo per autorizzare alcunché e men che meno dare pareri scientifici riconosciuti? Le tesi Wwf sono state addirittura contestate dalla Lipu, coordinamento Basilicata e Puglia, dove appunto era ambientata la fiction. I quali hanno dichiarato, con una nota molto particolareggiata, che ha definito “un contesto falsificato in nome dell’energia pulita usata a torto come ricatto per imporre centinaia di questi impianti industriali con annessi sbancamenti, elettrodotti, stazioni elettriche”. L’Anev però ha anche protestato con la Rai, e questa si è difesa dicendo che il contesto della trama appartiene al “genere delle opere di pura fantasia” e che quindi “per questioni puramente artistiche questo modello prescinde dal requisito della verità”. E invece mai tanta verità è saltata fuori da tanta contestazione. E bene ha fatto la Lipu a sollevare l’unica voce di protesta per un problema sommerso, ma attuale. E che lo sarà sempre più. Visto che ormai le sovvenzioni di tali opere sono sempre più ghiotte. Al contrario di altri Paesi, tipo il Portogallo, che ultimamente ha progettato un impianto offshore galleggiante, senza sovvenzioni statali, ma capace di tornare remunerativo soltanto con la vendita appunto di tale energia. Per cui, quando si vuole, si può.