Con sentenza n. 10224 del 21 maggio 2024, la quarta sezione del Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato da un’azienda che si era vista respingere la richiesta di classificazione di una quindicina di marche e modelli diversi di armi, per i quali sarebbe poi stata intrapresa l’importazione dell’estero, nel calibro 9 mm Glisenti. La richiesta di classificazione era stata presentata antecedentemente alla liberalizzazione delle armi corte in 9×19 parabellum ed evidentemente la richiesta di classificazione in 9 Glisenti, che è dimensionalmente identico al 9 parabellum ma con una carica di lancio meno potente del 30 per cento circa, era intesa a evitare modifiche meccaniche alle armi, preservandone l’originalità.
Nella sentenza si fa riferimento al fatto che il banco di prova aveva respinto le istanze di classificazione con la motivazione che “il BNP accorda la classificazione solo ad armi in calibri omologati e riconosciuti C.I.P., con l’eccezione per le armi originariamente costruite in calibri non più in produzione, purché il calibro sia quello originale dell’arma e non successivamente modificato… si rende noto la volontà di rigettare le richieste di classificazione in cal. 9 mm Glisenti in quanto le armi non sono mai state prodotte, sin dall’origine, nel predetto calibro”.
I giudici hanno tuttavia eccepito che “È agevole rilevare che l’Amministrazione non ha indicato alcun riferimento normativo idoneo a giustificare il rigetto dell’istanza. In particolare, l’Amministrazione, negli atti impugnati, ha omesso di individuare tanto la base giuridica dell’affermazione secondo cui “il BNP accorda la classificazione solo ad armi e calibri omologati e riconosciuti dalla C.I.P.”, quanto quella che consentirebbe di attribuire rilevanza dirimente alla circostanza che il calibro sia o meno “sin dall’origine” il cal. 9 mm Glisenti. Non può ritenersi, come sostenuto dalla difesa erariale, che “la valutazione del Banco Nazionale era in definitiva vincolata” stante il disposto dell’art. 2, comma 2 della legge 110/1975 – che vieta la vendita di armi corte semiautomatiche che sono camerate per il munizionamento nel calibro 9×19 parabellum – con la conseguenza che “la mancata indicazione del quadro normativo (al riguardo, la mancata indicazione formale delle disposizioni qui citate) non potrebbe determinare l’illegittimità del provvedimento di diniego anche avuto riguardo alla previsione di cui all’art 21 octies, secondo comma della legge 241/1990”. È, infatti, pacificamente riconosciuto che, anche in caso di provvedimenti vincolati, l’Amministrazione è tenuta sia ad individuare i presupposti di fatto in presenza dei quali sorge il vincolo in capo alla medesima, sia ad indicare la base giuridica che pone il suddetto vincolo (cft., ex multis, Consiglio di Stato sez. V, 11/12/2013, n. 5956). Pertanto, anche ritenendo che l’esercizio del potere in discussione assumesse carattere vincolato, l’Amministrazione non avrebbe potuto ritenersi sottratta all’obbligo di indicare la norma di diritto che legittimava l’esercizio di un siffatto potere. Ne deriva che, nella vicenda in esame, l’omessa indicazione del parametro legale che avrebbe vincolato l’Amministrazione a negare il provvedimento richiesto, precludendo al destinatario di comprendere le ragioni del diniego, si traduce in una violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990 idonea a giustificare l’annullamento degli atti impugnati. Peraltro, va osservato che la norma richiamata dalla difesa erariale, nell’introdurre il divieto di fabbricazione, introduzione e vendita di “armi da fuoco corte semiautomatiche o a ripetizione, che sono camerate per il munizionamento nel calibro 9 x 19 parabellum”, non contiene alcun riferimento né alla originalità del calibro né alla necessità della previa omologazione da parte della C.I.P., che, come anzidetto, sono gli elementi posti a fondamento delle avversate determinazioni di diniego”. I giudici hanno quindi accolto il ricorso, condannando il Banco di prova al pagamento delle spese di lite.
Al di là del dispositivo della sentenza, occorre tuttavia svolgere alcune considerazioni a completamento della vicenda: la prima è che evidentemente l’avvocatura dello Stato, che si è occupata della difesa del Bnp, non ha sottolineato in modo sufficiente come il “nuovo” calibro per il quale era stata richiesta la classificazione, fosse in realtà intercambiabile con quello originariamente previsto dal costruttore per le medesime armi, che all’epoca tuttavia era vietato (o meglio, era vietata la commercializzazione di armi corte in quel calibro). La seconda è che, comunque, la procedura di classificazione di un’arma è questione separata e distinta dalla bancatura (anch’essa, tuttavia, obbligatoria per le armi prodotte e importate nello Stato), operazione per la quale l’omologazione Cip del relativo calibro, è e resta necessaria.