Bocciato il testo d’iniziativa popolare che chiedeva di togliere il fucile d’assalto assegnato ai cittadini-soldati. Il referendum è stato respinto nella maggioranza dei 26 cantoni svizzeri. E anche la maggioranza dei votanti, con il 56,3% dei suffragi, ha bocciato il testo.
Gli svizzeri potranno continuare a tenere il loro fucile d’assalto in cantina o nell’armadio. Ben 20 cantoni si sono espressi contro l’iniziativa, con percentuali che variano dal 54,8% di Basilea Campagna al 72,3% di Appenzello Interno. Tra gli avversari della proposta sottoposta a votazione popolare figura il Ticino, che ha detto “no” nella proporzione del 63,5%. Contrari all’iniziativa sulle armi anche i Grigioni, con una percentuale del 65%. Sul fronte opposto hanno detto sì sei cantoni: i romandi Ginevra con il 61% dei voti, Vaud con il 53,7%, Neuchâtel con il 53,2%, il Giura con il 52%, poi Zurigo con il 50,4% e Basilea 58,9. La maggioranza degli elvetici ha bocciato con il 56,3% di voti contrari il referendum che voleva porre fine alla secolare tradizione dell’esercito di milizia che affida l’arma d’ordinanza ai soldati durante gli anni degli obblighi militari.
La maggioranza dei cantoni ha bocciato il testo d’iniziativa popolare “Per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi”. Come è noto, l’esercito svizzero assegna il fucile d’assalto a ogni “cittadino-soldato”: tradizionalmente l’arma è custodita a domicilio durante gli anni degli obblighi militari e l’iniziativa popolare in votazione voleva porre fine a questa pratica per ridurre il numero di armi in circolazione nel Paese e quindi – secondo i promotori – il numero di suicidi e omicidi.
L’iniziativa chiedeva in particolare di rendere obbligatorio il deposito delle armi militari in caserma, un nuovo registro nazionale delle armi e norme più severe per il loro possesso. Era sostenuta dai partiti di sinistra, dai verdi, da numerose organizzazioni come il Gruppo per una Svizzera senza esercito, organizzazioni pacifiste, cristiane, di prevenzione del suicidio e femminili.
Contro il testo si sono schierati i partiti di destra, ma anche le organizzazioni di tiro sportivo e di cacciatori. Anche il governo era contrario all’iniziativa ritenendo che la legislazione attuale sia sufficiente a proteggere la popolazione.
Ha vinto dunque quello che alcuni osservatori definiscono “lo spirito di Guglielmo Tell”, personaggio-mito alla base della nascita della Confederazione, o che altri identificano più semplicemente come il frutto di un ventesimo secolo passato dalla Svizzera a difendersi da guerre vere o guerre fredde.
“Dopo il voto sui minareti e sull’espulsione dei criminali stranieri, il no all’iniziativa sulle armi costituisce la terza vittoria della Svizzera periferica e conservatrice nel giro di poco tempo”, osserva il Tages Anzeiger, secondo il quale, a determinare l’esito della votazione “non è stata la questione della custodia a casa dell’arma di ordinanza, ma il timore di una limitazione da parte dello Stato del diritto di possedere delle armi”.
“Per grandi frange della popolazione la votazione di questa fine settimana rappresentava innanzitutto una questione di identità nazionale, di difesa della libertà e di autodeterminazione”, aggiunge il giornale zurighese.