L'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) lamenta una situazione drammatica. Una nota diffusa nei giorni scorsi spiega: "La drammatica situazione del precariato, la dismissione di sedi centrali e prestigiose, il trattamento riservato ai reperti di proprietà dell'Istituto, la mancanza di un indirizzo chiaro e di fondi per le attività, le divisioni al vertice dell'ente. Tutto sembra mostrare una volontà di ridimensionamento e impoverimento dell'Istituto, che ha portato il sindacato Usi/RdB a chiedere a tutti i lavoratori, precari e strutturati, di impegnarsi per evitare che l'Ispra diventi una semplice succursale del Ministero vigilante (quello dell'Ambiente) o venga smembrata. L'amministrazione Ispra dice di non aver ricevuto, al momento, trasferimenti sufficienti dal ministero dell'Ambiente, quindi di non poter andare avanti con le previste assunzioni dei vincitori dei concorsi e tantomeno con gli attesi scorrimenti delle graduatorie di idoneità, nonché l'emanazione di bandi a tempo determinato per i profili non presidiati dai concorsi stessi. Tutti aspetti previsti dal protocollo d'intesa siglato lo scorso anno, la cui applicazione integrale consentirebbe finalmente l'«emersione» di oltre 200 lavoratori «in nero» che ancora oggi svolgono le stesse attività dei colleghi a tempo indeterminato, senza però ricevere lo stesso trattamento economico e contrattuale. Il previsto abbandono della centrale sede di via Curtatone, in nome di un dubbio risparmio economico, comporterà l'abbandono dell'Auditorium e di qualsiasi possibilità per l'Ispra di avere una sede di rappresentanza a Roma, come si addice a un Istituto così importante e con tanti eventi pubblici da organizzare. "Il trasferimento nel periferico Eur causerà pesanti disagi all'organizzazione della vita di tanti lavoratori. Discorso simile per la sede di via Casalotti, che si trova all'interno di un'area naturale di grande pregio e potrebbe costituire un centro di eccellenza dedicato al mare, se solo si decidesse di investirci invece di dismetterla, impoverendo quel territorio e rischiando di aprire la strada alla peggiore speculazione edilizia".
"Insieme al museo dell'Ispra, la mancanza di fondi rischia di mandare in cantina anche molte delle attività dell'Ispra, a partire da quelle di ricerca, per proseguire con i controlli ambientali e gli interventi sulle emergenze. In questi ultimi mesi, l'Istituto ha gestito la parte italiana dell'emergenza nucleare causata dal terremoto in Giappone, con l'emissione di bollettini quotidiani sulla situazione, dell'emergenza per lo sversamento di idrocarburi nei mari del nord Sardegna, della vicenda navi dei veleni in Calabria, del monitoraggio della biodiversità nel Canale di Sicilia, di tutti gli interventi legati al dissesto idrogeologico. Nonostante sia evidente, da questi e altri aspetti, l'importanza dell'Istituto, il ministero dell'Ambiente e in particolare la parte dell'amministrazione che ad esso fa diretto riferimento, non sembrano in grado di garantire risorse adeguate al suo funzionamento e al potenziamento delle sue attività per renderlo una vera struttura d'eccellenza".
Ricordiamo che dell'Ispra fa parte l'ex Istituto nazionale per la fauna selvatica (Infs) di cui alla legge 157/1992, ex Istituto nazionale di biologia della selvaggina di cui alla legge 968/1977 , che opera quale organo scientifico e tecnico di ricerca e consulenza per lo Stato, le regioni e le province, con sede centrale in Ozzano dell'Emilia (Bologna).