La Cina aumenterà le spese militari per mantenere la sicurezza estera e interna, che ritiene minacciate da gruppi separatisti in Tibet, Taiwan e Xinjiang e dalla perdurante vendita di armi Usa a Taiwan. In un “libro bianco” di quasi 100 pagine, diffuso ieri a cura del governo, Pechino ammette che “la situazione della sicurezza cinese è migliorata in modo saldo”, ma aggiunge che ci sono “nuovi problemi per mantenere la stabilità sociale”. Nel libro bianco, la Cina sott…
La Cina aumenterà le spese militari per mantenere la sicurezza estera e
interna, che ritiene minacciate da gruppi separatisti in Tibet, Taiwan e
Xinjiang e dalla perdurante vendita di armi Usa a Taiwan. In un “libro bianco”
di quasi 100 pagine, diffuso ieri a cura del governo, Pechino ammette che “la
situazione della sicurezza cinese è migliorata in modo saldo”, ma aggiunge che
ci sono “nuovi problemi per mantenere la stabilità sociale”. Nel libro bianco,
la Cina sottolinea la volontà di usare la forza militare solo in modo difensivo
e per mantenere la sua “integrità territoriale”. Ma aggiunge che vuole
impegnare pesanti risorse per rendere l’esercito sempre più moderno e
tecnologico, secondo un piano di sviluppo che prevede di completare non prima
della “metà del secolo”. Anche per “confrontarsi con la superiorità economica,
scientifica, tecnologica e militare dei Paesi sviluppati”. Il riferimento è
anzitutto agli Stati Uniti, che “hanno aumentato l’attenzione strategica e la
presenza nella regione Asia-Pacifico, consolidato di più le alleanze militari,
perfezionato lo spiegamento militare e rinforzata la presenza militare”. La
vendita di armi a Taiwan, poi, potrebbe “compromettere in modo serio le
relazioni sino-statunitensi e la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan”.
A ottobre il Pentagono ha annunciato la vendita di armi a Taiwan per 6,5
milioni di dollari – tra cui 32 elicotteri d’assalto Apache, 330 missili
intercettori Patriot e 32 missili Harpoon lanciabili dai sottomarini –
nonostante le proteste cinesi. Nel presentare il documento il colonnello Hu
Changming, portavoce del ministro per la Difesa nazionale, ha parlato di
“attuali difficoltà nelle relazioni militari” con Washington e ha auspicato la
costruzione di rapporti militari più solidi con il nuovo presidente Barack
Obama. La Cina considera Taiwan parte del suo territorio e si è sempre detta
pronta a intervenire con le armi se l’Isola dovesse dichiarare in modo formale
l’indipendenza. Anche se Hu ha precisato che i rapporti tra Pechino e Taipei
sono “entrati in un periodo di sviluppo pacifico” con l’elezione del presidente
taiwanese Ma Ying-jeou, favorevole a migliori rapporti. Hu ha persino
caldeggiato contatti e scambi di informazioni tra gli eserciti dei 2 Paesi e la
creazione di un meccanismo di intesa per garantire la sicurezza della zona.
Peraltro non ha risposto alla domanda se sono diminuiti i missili perennemente
puntati sull’Isola. Quasi in risposta, due giorni fa Lisa Chin, portavoce del
ministro taiwanese per la Difesa, ha detto che, grazie ai migliori rapporti con
Pechino, è allo studio una forte riduzione dell’esercito. In 4 anni si vuole
portarlo da 275mila a 180mila soldati. Esperti osservano che Pechino, dopo la
sanguinosa repressione delle proteste di piazza Tiananmen nel 1989, ha ogni
anno aumentato le spese militari. La Cina teme proteste di massa, come quelle
dello scorso marzo nel Tibet che l’esercito ha represso con la forza. E’
esplicito il riferimento a “distruzione e sabotaggio causati da forze interne
separatiste e ostili”, come i tibetani o gli uighuri dello Xinjiang. Per il
2008 la spesa militare dichiarata è stata di 417,769 miliardi di yuan (circa 41
miliardi di euro), il 17,6% in più rispetto al 2007. Ma esperti stimano che la
spesa effettiva sia molto maggiore.