la mostra Gladiatores, aperta a Roma al Colosseo fino al 3 ottobre, mette a confronto ricostruzioni artigianali di armi e attrezzature dei gladiatori con quelle antiche sopravvissute a Pompei, permettendo così di approfondire lo studio di quei giochi cruenti, che tanto successo ebbero nel mondo romano. Non a caso la mostra si tiene al Colosseo, il più noto degli anfiteatri romani, ovvero quegli edifici dove si svolgevano in primo luogo i combattimenti tra gladiatori e poi le venationes (cacce ad animali feroci). Poiché in spettacoli di questo tipo era in gioco la vita, i gladiatori ricevevano un perfetto addestramento in scuole speciali. Erano reclutati per lo più tra i prigionieri di guerra, ma non mancava chi sceglieva questa pericolosa professione per amore del rischio, per la popolarità che circondava il vincitore (pari o superiore, in prospettiva, a quella di un divo del cinema di oggi) o semplicemente per sbarcare il lunario. I gladiatori erano diversi per specialità e armatura. Di norma il retiarius, provvisto di rete e tridente, si opponeva al provocator e al secutor che avevano un elmo ovoidale e privo di tesa, per non offrire presa alla rete dell’avversario. Il murmillo (così chiamato per la figura di pesce, in latino murma, che portava sull’elmo), armato di un grande scudo rettangolare e gladio, poteva combattere contro il trace, munito di elmo crestato, spada ricurva e piccolo scudo. Quest’ultimo combatteva anche contro l’oplomaco, che era fornito di elmo piumato, scudo circolare, lancia e grandi schinieri.
Le armi e gli accessori esposti, realizzati dall’architetto Silvano Mattesini nell’arco di vent’anni, sono il prodotto di uno studio molto accurato basato su diverse testimonianze: raffigurazioni su affreschi, rilievi, mosaici e descrizioni nelle opere di scrittori antichi. Dal contrasto tra il nuovo che riproduce l’antico e il pezzo realmente antico, l’esposizione trae il suo senso, mostrando quanto i colori del passato siano irrimediabilmente perduti. Le armi nuove sono state indossate per comprenderne appieno le potenzialità e, attraverso vari tentativi e modifiche, si è spesso riusciti ad attribuire a un gladiatore, piuttosto che a un altro, una determinata arma. Un procedimento sperimentale questo, che ben si presta, secondo la curatrice della mostra Rossella Rea, ad avvicinare i visitatori alla comprensione del mondo antico.
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