Il convegno di venerdì scorso è servito per riparlare della ricerca Sicurezza e legalità, ma soprattutto per fare il punto sulla strategia per valorizzare e difendere il settore. Presenti Maullu e Osnato, nonché alcuni esperti
L’incontro organizzato dall’eurodeputato Stefano Maullu, da tempo impegnato in battaglie a favore del comparto armiero, lo scorso venerdì 12 aprile a palazzo Stelline di Milano è stato l’occasione per riparlare della ricerca “Sicurezza e legalità: le armi nelle case degli italiani” (Bonanno, 2019), realizzata da Paolo De Nardis, professore ordinario di sociologia generale all’università la Sapienza di Roma e Roberta Iannone. La prima ricerca italiana sugli omicidi commessi con armi legalmente detenute, presentata da Ilaria Iannuzzi, che ha partecipato alla stesura della ricerca e da Melissa Sessa, è servita per fornire finalmente un’immagine più realistica delle armi in Italia, e per inquadrare quanto sia difficile parlare in termini obiettivi e sereni, quando l’argomento viene affrontato solo strumentalmente a fini politici oppure sull’onda dell’emotività. Che è un po’ la storia della revisione della direttiva europea 853/2017 che ancora produce risultati esiziali per il settore, contribuendo alla scarsa chiarezza normativa. Giulio Magnani (presidente dell’Unione armigeri italiani Aps), ha sottolineato come sarebbe importante capire perché ci si preoccupa delle armi legali, quelle in mano ai legittimi detentori, e non si fa nulla per quelle illegali. Di come sia importante che il settore sia compatto per fornire indicazioni per un corretto approccio e per fare corretta informazione. Ma ha anche sottolineato che proprio la ricerca della Sapienza non ha ricevuto grande attenzione dalla stampa generalista che ha sempre la tendenza a prendersela con le armi. Il settore è importante per l’economia italiana, la produzione e il correlato costituiscono quasi mezzo punto del prodotto interno lordo del Paese, questo aspetto è stato sottolineato dall’europarlamentare Stefano Maullu, che ha ricordato come il settore intero sia da valorizzare e anzi prendere a esempio, in questo confortato dal parlamentare di Fratelli d’Italia, Marco Osnato, membro della commissione Finanze della camera dei deputati, che ha ricordato anche il più ampio settore della Difesa.
In qualità di moderatore ho dovuto ricordare che i legali detentori, nonostante la sostanziale credibilità che li contraddistingue e l’assenza reale di colpe, sono stati sottoposti, in particolare dal 2010, a una lunga serie di limitazioni legislative, controlli, noie, pastoie burocratiche. Tra queste situazioni anche un’interpretazione particolarmente restrittiva del consiglio di stato che ha privato di licenze in fatto d’armi, numerosi cittadini che avevano ottenuto la riabilitazione da reati di piccolo conto e spesso molto datati. Delle contromisure legali da proporre si è occupato l’avvocato (Sulla condanna penale come motivo ostativo al rilascio del Porto d’armi: revoca ed effetti della riabilitazione, la nuova frontiera della difesa penale amministrativa) Antonio Bana, presidente di Assoarmieri e fondatore del Centro studi di diritto europeo sulle armi (Cesdea). Un altro avvocato, Fabio Ferrari, consulente anche di qualche associazione di settore, si è concentrato più sull’atteggiamento dei media nei confronti delle armi, raccontando quale aneddoto più o meno conosciuto di cronaca.
Non soltanto in Italia si producono qualcosa come 700 mila armi sportive e per caccia (comprese repliche e a salve), ma è indispensabile ricordare che in questo Paese lo sport del tiro (a segno e a volo) produce risultati di eccezionale rilievo. Basti ricordare le 7 medaglie dell’ultima Olimpiade di Rio de Janeiro. Ci sono tanti iscritti alle federazioni, ma ci sono anche numerosi tiratori che non vi si riconoscono e praticano il tiro amatoriale nei Tsn o nei poligoni di tiro privati, fenomeno in crescita degli ultimi 20 anni, anche a causa della nascita e dello sviluppo di nuove discipline non olimpiche, come il Tiro dinamico sportivo o il Tiro a lunga distanza. Di questo si è occupato Gianfederico Rotellini, avvocato, in rappresentanza dell’Associazione nazionale poligoni privati, che ha chiesto che si vigili affinché non vi siano discriminazioni proprio tra i campi di tiro privati e sezioni del Tsn o campi Fitav.
Il convegno si è chiuso con una serie di auspici e obiettivi: sviluppare ulteriormente la cultura della sicurezza che valorizza il comparto e contribuisce a impedire che i legittimi detentori commettano alcun crimine, cercare di difendere e promuovere un corretto approccio al fenomeno delle armi attraverso un’azione coordinata del comparto, soprattutto per quanto riguarda l’informazione. È stato anche suggerito di dare seguito alla ricerca sociologica e, su indicazione del pubblico, di indagare anche gli omicidi commessi dagli appartenenti alle forze armate. I due parlamentari presenti sono stati caldamente invitati a continuare nella loro opera di difesa e valorizzazione del comparto.